venerdì 20 novembre 2020

le opere di Misericordia II parte

 

Continuiamo il percorso iniziato con questo meraviglioso libro di Fabio Rosini, abbiamo imparato a riconoscere e vedere qualche errore che ci fanno star male e quali sono le deviazioni per raddrizzare i sentieri e vivere meglio nel rispetto di Dio che va sempre messo al primo posto e nell’amore all’altro e proseguendo tra

Le opere di Misericordia

 ci occuperemo ora di come

·         consolare gli afflitti



molto spesso davanti al dolore vorremmo chiudere i nostri occhi e non provare quella sofferenza, ed invece il dolore e’ un sintomo che va ascoltato, letto, è un campanello di allarme che indica che qualcosa non va e che dobbiamo prenderci cura di noi. Molto spesso siamo abituati a chiuderci davanti al dolore quasi come un film a decretare la fine ed invece se partiamo da quel dolore ponendolo come punto di partenza avremo la possibilità di crescere. Spesso invece siamo troppo attenti a cercare il colpevole e covare rabbia per quella situazione identificandola con un volto e a punire il colpevole. Ci occuperemo quindi di capire cosa si aspetta da noi il sofferente per poi soddisfarlo.

Afflitto proviene dal termine latino AD- FLIGERE ossia colpire al passivo quindi essere colpiti, feriti, è uno stato che richiede aiuto, consolazione, soccorso così come in una ferita fisica, anche in quella interiore,. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci “disinfetti”, che sappia parlare al nostro cuore e lo possa indirizzare alla comprensione perché l’essere umano davanti a quel problema si chiede il senso. L’afflitto chiede una parola che lo riempa, che la soddisfi. Molto spesso  per consolare l’afflitto  cerchiamo o

1.       di condividere il dolore con lui rischiando però di scivolare nel vittimismo, certamente il dolore dell’alto va accolto ne’ negato o sottovalutato ne’ banalizzato ma esagerandolo porta a  far sentire vittima impedirra’ alla persona che stiamo assistendo di riprendere la vita in mano ed accettare l’accaduto. O

2.       lo cerchiamo di distrarre in modo sano per non pensare a ciò che gli è accaduto e questo in se non è sempre male perché de concentrando la persona la si riesce anche a sollevarlo  e portarlo alla lucidità però anche qui c’è un rischio ossia essere superficiali, aggravando il problema e/o rimandandolo.

3.       Ancora un altro modo che umanamente ci viene da fare è invitare l’afflitto a guardare chi sta peggio ma il dolore non è mai misurabile In verità, consolare richiede un grande equilibrio e questo atteggiamento non fa altro che produrre il senso di colpa. Può capitare che la causa del nostro dolore sia stato un nostro errore ma non è una consolazione sapere che ce lo siamo meritati perché porremmo Dio ad un esattore di equitalia.

La vera consolazione non è ipocrita, sentimentale, piagnucolosa ma  troviamo il significato nell’etimologia della parola : “consolare”  proviene dal latino nacham che vuol dire fermarsi, dare rifugio, e proviene dal termine greco parakaleo ossia chiamare , d’ appresso è il nome dello Spirito Santo del Paraclito, è il nome dell’avvocato è il consigliere, il maestro interiore. Consolare si presenta come dare completezza laddove il dolore diventa privazione. Se ci pensiamo Gesù, dopo aver chiesto l’aceto sussurra  “ tutto è compiuto”.

La vera consolazione è quel processo che inizia con lo stato di privazione per arrivare al bersaglio, al compimento della nostra vita.  Chi compie l’atto di consolare è capace di mettersi accanto al sofferente   mostrando ciò che non riesce a vedere e consentendogli di aprire gli occhi, lo sguardo e lo spirito ad un'altra prospettiva che dà completezza, farlo entrare in quell’ottica in cui riesca a vedere il dolore come parte della fedeltà di Dio. Tutto acquisisce senso se visto nell’ottica dell’amore di Dio se affronto il dolore come crocevia per arrivare a Lui.

Questa opera di misericordia spirituale non è qualcosa che si può attingere dalla cultura, dalle lauree ma è qualcosa che nasce dall’amore di Dio offerta come dono per i battezzati. Abbiamo bisogno dello Spirito Santo per consolare il dolore Umano. Dobbiamo cambiare il modo di vedere, Se vediamo la sofferenza come tale e non la trasformiamo saremo ingabbiati nel dolore se invece crediamo in Lui allora così come l’acqua in Canaa si è trasformata in vino così questo processo di dolore se offerto a Dio diventa un’autostrada per il cielo, se ci affidiamo nelle mani del Paraclito. Sarà lo Spirito Santo a guidarci alla verità, è bene però non escludere il Signore nella Sofferenza , nel Getsemani in preda all’angoscia Gesù pregava sempre più intensamente fino al arrivare il Sudore ad essere sangue, impariamo dalla vita di Gesù, affinché i nostri dolori possano essere luce per il nostro cammino per l’eternità, facciamoci correggere da Dio ricordandoci sempre che se possiamo risolvere un problema è giusto farlo ma se non riusciamo c’è Gesù che attraverso quel nodo risolve noi. La sofferenza non va cercata ma va accolta altrimenti ci distrugge, È importante davanti ad un problema pensare che quel sasso ci è stato posto non per distruggerci ma per crescere meglio ce lo insegna la vita di Gesù quando anche dal più grosso dolore la Sua morte riesce a risorgere. Si risorge anche dal più grande male. Non è facile dare risposte al dolore degli altri è necessaria la prudenza e la pazienza. La lingua da discepolo la possiede chi ha imparato a sperare, a consegnarsi a Dio, chi ha imparato a sperare contro ogni speranza in vista dell’amore di un Padre che tutto può e che ci ha dato la vita per essere felici Per Cristo con Cristo e in Cristo. Abbiamo dunque terminato le opere di Misericordia verso il cuore degli altri. Adesso ci occuperemo delle opere di Misericordia gratuita.

Perdonare le offese



La spinta che ci permettere di correggere qualcuno deve essere l’amore, perdonare non è una cosa da poco ma tutt’altro….

Perdonare non è una parola non è un atto superficiale o ipocrisia. Non è una prescrizione è scritto di perdonare e perdono assolutissimamente. Si è capaci di perdonare solo ed esclusivamente se subentra la grazia di Dio perché solo in lui possiamo ricevere questo dono. Senza il perdono siamo bloccati, si rimane fermi davanti ad un ricordo che ci traumatizza e che risuona dentro di noi come un sepolcro vivo, e’ come un sasso che troviamo in fondo al nostro cuore e che ci impedisce di amare davvero. Il perdono è un atto grandissimo che per primo Dio ci regala e che noi non possiamo esserne capaci mai totalmente e senza mettere Lui al centro della nostra esistenza. 

Andiamo a vedere piu’ da vicino la situazione, Quando subiamo un torto per potere perdonare cerchiamo di ignorare l’offesa ricevuta questo processo è anche chiamato “Rimozione forzata”, questo procvesso però non prende in considerazione il fatto che la ferita rimane comunque e che non sappiamo come e quando questo dolore si ripresenterà. Molto spesso il passo successivo sarà quello di mettersi nei pani di colui che ci ha offeso ma entrambi risulteranno dei comportamenti inconsistenti perché si finisce per avere la piena convinzione che quell’azione mai l’avremmo adottata noi. Bisogna allora partire dal capire che il fuoco che alimenta la difficoltà umana al perdono si chiama IRA che consiste in una livella interiore sbilanciata e questo senso di squilibrio si chiama “desiderio di vendetta” che parte dalla convinzione di ristabilire un ingiustizia ricevendo il risarcimento per il torto subito, questo desiderio in qualche modo apre la porta al sadismo. La tortura del male ricevuto cristallizza la persona in un dannoso piangersi addosso e produce l’innamoramento del proprio dolore oppure la seconda possibilità di comportamento è il desiderio di giustizia reagendo sempre in modo arrabbiato, vomitatevoli di recriminazioni, quelli che cercano gli errori in ogni cosa e recriminano sempre di aver avuto di meno rispetto agli altri, frutto di una spiccata invidia che non gli permette di vedere cio’ che ha ma recrimina il meglio degli altri o ancora l’altro atteggiamento è appunto il sadismo ossia pronti a far cadere la ghigliottina in virtu’ del risarcimento dell’offesa.

L’assenza di un perdono sincero è la morte dell’anima, ecco perché senza Dio non possiamo vincere questo male interiore. Devo partire da colui che mi ha sanato per capire che il male ricevuto non lo posso togliere ma posso permettere al dolore di non infierire co mio presente perché io non ho più un rapporto con l’altro uno ad uno ma ho un rapporto in verticale con colui che ha dato la vita anche per me che ha colmato la mia vita e che trovandolo al centro del mio cuore posso irradiare l’altro per portarlo a quella vita che oggi ne sono testimone. Mettere Dio al centro del proprio cuore significa che qualunque torto acquisisce un diverso significato perché se mi riconosco debitore davanti a Dio così come lui mi perdona io devo perdonar l’altro peccatore come me, l’urgenza diventa non più saldare i conti tra te e me perché sbaglieremo sempre, ma i rapporti tra un Padre, me e mio fratello in cammino verso un bellissimo viaggio: la vita eterna. Chi assapora quest’amore che riscalda non può prescindere da esso e non se ne sente mai all’altezza. Siamo sempre debitori degli altri di carità, di dolcezza, di accoglienza, nessuno è mai povero da non poter donare.  Guardarsi dentro implica un dolore e anche possiamo scegliere di rifiutare di vedere i nostri errori cadendo nel baratro dell’orgoglio o cercare di consegnare le nostre debolezze alla misericordia di Dio. Non siamo creditori verso nessuno ma debitori nei confronti di tanta grandezza. Guardare la vita come prospettiva di una Provvidenza e già dal primo capitolo della Bibbia in genesi ce lo spiega bene il racconto di Giuseppe non importa ciò che ha subito e sopportato con i suoi fratelli perché quello che ha vissuto è servito per i piani di Salvezza del Signore ….. è Dio che illuminando la nostra pochezza e ci permette di esercitare il perdono perché conosciamo e viviamo della Sua generosità.

Sopportare pazientemente le persone moleste

“Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata 4 e la virtù provata la speranza. 5 La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.” Rm 5,3,-5

  Entriamo adesso nell’opera di misericordia forse più difficile, spesso una persona “fastidiosa”, la sopportiamo per un tempo più o meno lungo ma poi sfiniti ci allontaniamo per vivere, per evitare che ci sfiniscano. È l’unica opera spirituale che ci viene chiesto di eseguirla pazientemente, andiamo a vedere il significato: il termine pazientemente proviene dalla radice patire, la sofferenza è legata ad essere oggetto di qualcosa che ci fa soffrire, ci esaspera. Si tollera per un tempo ma poi chi tollera arriva in un punto che scattano e diventano feroci convinti di essere dalla parte giusta. Un altro modo di affrontare il molestatore è reagire col buonismo ossia quelli che nascondono il sentimento di odio, che ti perdonano perché sono migliori degli altri ma di fatto sono spigolosi e non si riesce a stabilire una relazione con loro e puniscono il molesto. Poi c’è l’atteggiamento serialista ossia i deboli con i forti e i forti con i deboli. Un’altra reazione che l’uomo vive è da marpione cioè colui che si inventa una strategia pianificando di cambiare quella persona faccio l’esempio di Rosini appunto che ci permette di capire esattamente il senso: mi innamoro di una persona e penso di sposarlo e poi lo cambio, questo non succede perché le persone non cambiano personalità. Come realizzare bene quest’opera di misericordia? l’abbiamo già notato quest’opera di misericordia richiede la Pazienza, un grande animo, quindi essere magnanimo. I sinonimi di magnanimo sono: calma, pazienza, tolleranza, generosità, nobiltà mentre i contrari sono: aggressivo, frettoloso, impaziente, intollerante, avaro, vile. La mansuetudine si mostra in chi non reagisce alla violenza, la calma, la tranquillità di fronte a qualcosa che produrrebbe ansia. L’atteggiamento per cui si dà al prossimo la possibilità di ravvedersi, di tornare in sé stesso, di pentirsi, la radice di tutto è Dio, è un’opera di vita eterna come la nomina San Paolo nei suoi scritti è un frutto dello Spirito Santo. Dall’ esodo troviamo un Dio lento all’ira, ossia un Dio paziente e mentre il Padre è paziente in quanto creatore del tempo e di vita eterna per noi il tempo è limitato, siamo schiavi delle cose da fare, presi dalle nostre ansie, siamo fragili. La pazienza di Dio è infinita perché ha a cuore l’uomo, perché la Nostra salvezza per Dio ha più valore del tempo che passa. Come possiamo compiere quest’opera in noi Siamo pazienti verso il prossimo quando conosciamo la misericordia che Dio ha avuto   per noi, quando riconosciamo che Dio non ci tratta per i nostri peccati, quando riconosciamo la Sua protezione per noi in prima persona, quando riconosciamo la Sua presenza in ogni momento ed allora diventa un atto dovuto all’altro, un memoriale della pazienza che Dio ha per noi e che noi dobbiamo all’altro, perché viviamo tutti e in continuazione di quella seconda possibilità donataci.  Questa pazienza sorge da quella certezza che Dio opera in continuazione, sa’ lui come raddrizzare il colpo, sa’ come aggiustare le cose. Il magnanimo cerca la giustizia, si muove nella verità ma lo fa a partire dalla pace, dalla pazienza. La pazienza porta a dire quello che c’è da dire con carità e amore all’altro perché l’altro è mio fratello, è prezioso e non posso perderlo. Per amare un fratello che ci molesta è fare qualcosa di santo.

“Le persone che mi danno fastidio, quelle che mi mettono i bastoni tra le ruote, quelle che mandano in aria le situazioni…” Scrive Rosini “sono quelle che costringono a passare dalla mia ingiustizia al Piano di Dio, a fare la giustizia si tratta di trasformare le persone che sono moleste in emissari di Dio, persone che Dio ci manda, che lui permette che arrivino nella nostra vita, perché noi, da giudici iniqui diventiamo giudici generosi” come lo ha dimostrato Gesù in croce. Chi entra nella tribolazione nel nome di Cristo impara la pazienza, quindi l’amore di rapportarmi al molesto con amore e responsabilità nei confronti di Dio. La pazienza è quel tipo di attitudine per cui si riconosce la presenza di Dio al di la’ del male umano. È questa la costruttività. Questo è l’edificare. Dietro ogni storia, ogni esperienza c’è un Dio Padre, colui che accoglie in male per trasformarlo in grazia.  Accettare il molesto perché io lo sono nei confronti del Padre, accogliere il fratello perché il mio fine è l’attesa di raggiungere la vita eterna e se essa deve passare da questa tribolazione ben venga “ Signore Passi da me questo calice tuttavia sia fatta la Tua e non la mia volontà” ripete Gesù nel Getsemani , San Francesco D’assisi diceva “tanto il bene che mi aspetto che ogni pena m’ è diletto” raddrizziamo allora  i nostri sentieri  affinché  possiamo arrivare al traguardo senza passare per deviazioni.

·         Pregare Dio per i vivi e per i morti



La chiesa è un corpo ed ognuno in base al proprio carisma svolge una missione affinché lo Spirito Santo suscita e conferma questi compiti diversi in ognuno è necessario oserei dire fondamentale chiedere l’aiuto attraverso la preghiera di ricevere attraverso il Paraclito che ci indichi le parole e le azioni per ogni nostro andare sia a livello personale che collettivo. Le suore di clausura ad esempio scelgono di sostenere il mondo con la loro preghiera n per non farlo vacillare, perché possano i sacerdoti essere strumenti di Dio. Cristo ha salvato il mondo ma accettava tutto dopo aver pregato, sulla croce Gesù continua a pregare, la preghiera è la nostra forza,” tutto posso in colui che mi dà forza” scrive san Paolo  in Filippesi 4, 3.

Essa è portatrice di profondità, ci riempie di amore se dietro quelle preghiere c’è la convinzione di cio’ che recitiamo. Partire dalla preghiera è necessario per il fare successivo.  Come possiamo parlare di Dio se è a noi sconosciuto?

Se pregare per noi è necessario pregare per i vivi e per i morti è un atto di carità, “la preghiera richiede amore, e l’amore è un movimento da me all’altro che in questo caso passa per il dialogo con Dio, quest’opera è invisibile.”  scrive Rosini – la preghiera di intercessione implica la sincerità, la fede, lo slancio e la costanza e serietà. La preghiera è un combattimento basta ricordarci gia’ nell’antico testamento in genesi il combattimento che Giacobbe ebbe con Dio prima di diventare Israele. La preghiera implica la fiducia certa che Dio provvede, che abbiamo un padre che si commuove davanti ad un figlio che chiede sinceramente aiuto. Pregare significa lottare contro noi stessi, con i nostri limiti, contro un tentatore che fa di tutto per separarci da questo rapporto. L’amore salva il mondo, e, fare le cose con amore, cioè coinvolgendo il cuore hanno un’impronta diversa che farle in modo freddo o tanto per fare. Pregare Dio per i vivi o per i morti vuol dire accantonarsi per il bene dell’altro, preoccuparsi per … significa attenzione all’altro senza averne riscontro.

I genitori danno la vita per i figli li supportano moralmente e psicologicamente, li perdonano tante volte ma giunge un momento che nonostante tutto quello che hanno dato e fatto devono accettare che il foglio sia cresciuto e devono accettare che si distacchi e diventi autonomo da loro e questo il caso in cui i genitori possono solo pregare per lui offrire a Dio digiuni, elemosine. solo così dimostriamo la gratitudine pura, il puro amore ma implica anche di accettare la nostra impotenza e affidarli a Dio certi della Sua potenza. Questa maturazione arriva solo se abbiamo un rapporto sano e oggettivo con la nostra impotenza ed accettare di essere creature in mano al creatore ossia accettare di essere limitati, questo equilibrio è frutto di una costante preghiera fiduciosa al Padre . L’assenza del rapporto con Dio ci rende superficiali, manca ogni opera di profondità. Senza preghiera il mio cuore non guarda l’interesse degli altri Ma solo il mio e non mi dà eternità. Si possono fare opere di carità senza pregare ma non hanno lo stesso sapore .in quest’opera è richiesta una nobiltà di percezioni che solo la carità vera può dare. La preghiera quando è vera sale a Dio come supplica di relazione a Dio. Col battesimo ogni cristiano ha la chiave di accesso al cuore di Dio. Quando non c’ è cuore dietro all’atto che compio vuol dire che non c’è rapporto con Dio e parto da me stessa e che quindi non siamo capaci di queste opere di Misericordia. Se invece da questa relazione con Dio mi rapporto al prossimo tutto acquisisce una nuova forma e un nuovo colore diventa tutto fatto per Dio e non tra me e lui è nel nostro dialogo io annuncio Dio e la sua eternità. Dio ci ha dato il dono dell’angoscia per ammettere di non bastarci, di aver bisogno di Lui, di dover chiedere aiuto. L’amore nasce dallo spiffero amaro di non bastare a se stessi, dal limite umano che se accettato è una porta che ti fa conoscere la tua debolezza e quella dell’altro il peso di entrambi e il dolore e allora che nasce la premura per il debole ,e dal debole all’attenzione  all’altro a livello  gratuito e senza interesse come anche nel caso del vestire e tumulare, seppellire il defunto o  o cremarlo lasciandolo custodito del luogo sacro che puo’ essere un cimitero o una Chiesa  e pregare per lui.

La misericordia di Dio cerca la nostra povertà e la ama e una volta amata diventa misericordia.

Solo se partiamo dalla preghiera possiamo rigenerarci perché cambiando il volto del nostro cuore indurito possiamo abbronzarci di quel sole che crea: l’amore

Un immenso ringraziamento  a Dio per avermi dato modo di conoscere se pur da lontano Fabio Rosini e a lui per questo splendido libro . Non dimentichiamo di pregare mai per le persone consacrate che ci portano a conoscere ed amare  Nostro Padre .

 





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