Continuiamo il percorso iniziato con questo meraviglioso
libro di Fabio Rosini, abbiamo imparato a riconoscere e vedere qualche errore che
ci fanno star male e quali sono le deviazioni per raddrizzare i sentieri e
vivere meglio nel rispetto di Dio che va sempre messo al primo posto e
nell’amore all’altro e proseguendo tra
Le opere di
Misericordia
ci occuperemo ora di
come
·
consolare gli afflitti
molto spesso davanti al dolore vorremmo chiudere i nostri
occhi e non provare quella sofferenza, ed invece il dolore e’ un sintomo che va
ascoltato, letto, è un campanello di allarme che indica che qualcosa non va e
che dobbiamo prenderci cura di noi. Molto spesso siamo abituati a chiuderci
davanti al dolore quasi come un film a decretare la fine ed invece se partiamo
da quel dolore ponendolo come punto di partenza avremo la possibilità di
crescere. Spesso invece siamo troppo attenti a cercare il colpevole e covare
rabbia per quella situazione identificandola con un volto e a punire il
colpevole. Ci occuperemo quindi di capire cosa si aspetta da noi il sofferente
per poi soddisfarlo.
Afflitto proviene dal termine latino AD- FLIGERE ossia
colpire al passivo quindi essere colpiti, feriti, è uno stato che richiede
aiuto, consolazione, soccorso così come in una ferita fisica, anche in quella
interiore,. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci “disinfetti”, che sappia parlare
al nostro cuore e lo possa indirizzare alla comprensione perché l’essere umano
davanti a quel problema si chiede il senso. L’afflitto chiede una parola che lo
riempa, che la soddisfi. Molto spesso
per consolare l’afflitto cerchiamo
o
1.
di condividere il dolore con lui rischiando però
di scivolare nel vittimismo, certamente il dolore dell’alto va accolto ne’
negato o sottovalutato ne’ banalizzato ma esagerandolo porta a far sentire vittima impedirra’ alla persona
che stiamo assistendo di riprendere la vita in mano ed accettare l’accaduto. O
2.
lo cerchiamo di distrarre in modo sano per non
pensare a ciò che gli è accaduto e questo in se non è sempre male perché de
concentrando la persona la si riesce anche a sollevarlo e portarlo alla lucidità però anche qui c’è un
rischio ossia essere superficiali, aggravando il problema e/o rimandandolo.
3.
Ancora un altro modo che umanamente ci viene da
fare è invitare l’afflitto a guardare chi sta peggio ma il dolore non è mai misurabile In verità, consolare
richiede un grande equilibrio e questo atteggiamento non fa altro che produrre
il senso di colpa. Può capitare che la causa del nostro dolore sia stato un
nostro errore ma non è una consolazione sapere che ce lo siamo meritati perché
porremmo Dio ad un esattore di equitalia.
La vera consolazione non è ipocrita, sentimentale,
piagnucolosa ma troviamo il significato
nell’etimologia della parola : “consolare”
proviene dal latino nacham che vuol dire fermarsi, dare rifugio, e proviene
dal termine greco parakaleo ossia chiamare , d’ appresso è il nome dello
Spirito Santo del Paraclito, è il nome dell’avvocato è il consigliere, il
maestro interiore. Consolare si presenta come dare completezza laddove il
dolore diventa privazione. Se ci pensiamo Gesù, dopo aver chiesto l’aceto sussurra “ tutto è compiuto”.
La vera consolazione è quel processo che inizia con lo stato
di privazione per arrivare al bersaglio, al compimento della nostra vita. Chi compie l’atto di consolare è capace di
mettersi accanto al sofferente mostrando ciò che non riesce a vedere e
consentendogli di aprire gli occhi, lo sguardo e lo spirito ad un'altra
prospettiva che dà completezza, farlo entrare in quell’ottica in cui riesca a
vedere il dolore come parte della fedeltà di Dio. Tutto acquisisce senso se
visto nell’ottica dell’amore di Dio se affronto il dolore come crocevia per
arrivare a Lui.
Questa opera di misericordia spirituale non è qualcosa che
si può attingere dalla cultura, dalle lauree ma è qualcosa che nasce dall’amore
di Dio offerta come dono per i battezzati. Abbiamo bisogno dello Spirito Santo
per consolare il dolore Umano. Dobbiamo cambiare il modo di vedere, Se vediamo
la sofferenza come tale e non la trasformiamo saremo ingabbiati nel dolore se
invece crediamo in Lui allora così come l’acqua in Canaa si è trasformata in
vino così questo processo di dolore se offerto a Dio diventa un’autostrada per
il cielo, se ci affidiamo nelle mani del Paraclito. Sarà lo Spirito Santo a
guidarci alla verità, è bene però non escludere il Signore nella Sofferenza ,
nel Getsemani in preda all’angoscia Gesù pregava sempre più intensamente fino
al arrivare il Sudore ad essere sangue, impariamo dalla vita di Gesù, affinché
i nostri dolori possano essere luce per il nostro cammino per l’eternità,
facciamoci correggere da Dio ricordandoci sempre che se possiamo risolvere un
problema è giusto farlo ma se non riusciamo c’è Gesù che attraverso quel nodo
risolve noi. La sofferenza non va cercata ma va accolta altrimenti ci
distrugge, È importante davanti ad un problema pensare che quel sasso ci è
stato posto non per distruggerci ma per crescere meglio ce lo insegna la vita
di Gesù quando anche dal più grosso dolore la Sua morte riesce a risorgere. Si
risorge anche dal più grande male. Non è facile dare risposte al dolore degli
altri è necessaria la prudenza e la pazienza. La lingua da discepolo la
possiede chi ha imparato a sperare, a consegnarsi a Dio, chi ha imparato a sperare
contro ogni speranza in vista dell’amore di un Padre che tutto può e che ci ha
dato la vita per essere felici Per Cristo con Cristo e in Cristo. Abbiamo
dunque terminato le opere di Misericordia verso il cuore degli altri. Adesso ci
occuperemo delle opere di Misericordia gratuita.
Perdonare le offese
La spinta che ci permettere di correggere qualcuno deve
essere l’amore, perdonare non è una cosa da poco ma tutt’altro….
Perdonare non è una parola non è un atto superficiale o
ipocrisia. Non è una prescrizione è scritto di perdonare e perdono
assolutissimamente. Si è capaci di perdonare solo ed esclusivamente se subentra
la grazia di Dio perché solo in lui possiamo ricevere questo dono. Senza il
perdono siamo bloccati, si rimane fermi davanti ad un ricordo che ci
traumatizza e che risuona dentro di noi come un sepolcro vivo, e’ come un sasso
che troviamo in fondo al nostro cuore e che ci impedisce di amare davvero. Il
perdono è un atto grandissimo che per primo Dio ci regala e che noi non possiamo
esserne capaci mai totalmente e senza mettere Lui al centro della nostra
esistenza.
Andiamo a vedere piu’ da vicino la situazione, Quando
subiamo un torto per potere perdonare cerchiamo di ignorare l’offesa ricevuta
questo processo è anche chiamato “Rimozione forzata”, questo procvesso però non
prende in considerazione il fatto che la ferita rimane comunque e che non
sappiamo come e quando questo dolore si ripresenterà. Molto spesso il passo
successivo sarà quello di mettersi nei pani di colui che ci ha offeso ma
entrambi risulteranno dei comportamenti inconsistenti perché si finisce per
avere la piena convinzione che quell’azione mai l’avremmo adottata noi. Bisogna
allora partire dal capire che il fuoco che alimenta la difficoltà umana al
perdono si chiama IRA che consiste in una livella interiore sbilanciata e questo
senso di squilibrio si chiama “desiderio di vendetta” che parte dalla
convinzione di ristabilire un ingiustizia ricevendo il risarcimento per il
torto subito, questo desiderio in qualche modo apre la porta al sadismo. La
tortura del male ricevuto cristallizza la persona in un dannoso piangersi
addosso e produce l’innamoramento del proprio dolore oppure la seconda
possibilità di comportamento è il desiderio di giustizia reagendo sempre in
modo arrabbiato, vomitatevoli di recriminazioni, quelli che cercano gli errori
in ogni cosa e recriminano sempre di aver avuto di meno rispetto agli altri,
frutto di una spiccata invidia che non gli permette di vedere cio’ che ha ma
recrimina il meglio degli altri o ancora l’altro atteggiamento è appunto il
sadismo ossia pronti a far cadere la ghigliottina in virtu’ del risarcimento
dell’offesa.
L’assenza di un perdono sincero è la morte dell’anima, ecco
perché senza Dio non possiamo vincere questo male interiore. Devo partire da
colui che mi ha sanato per capire che il male ricevuto non lo posso togliere ma
posso permettere al dolore di non infierire co mio presente perché io non ho più
un rapporto con l’altro uno ad uno ma ho un rapporto in verticale con colui che
ha dato la vita anche per me che ha colmato la mia vita e che trovandolo al
centro del mio cuore posso irradiare l’altro per portarlo a quella vita che
oggi ne sono testimone. Mettere Dio al centro del proprio cuore significa che
qualunque torto acquisisce un diverso significato perché se mi riconosco
debitore davanti a Dio così come lui mi perdona io devo perdonar l’altro
peccatore come me, l’urgenza diventa non più saldare i conti tra te e me perché
sbaglieremo sempre, ma i rapporti tra un Padre, me e mio fratello in cammino
verso un bellissimo viaggio: la vita eterna. Chi assapora quest’amore che
riscalda non può prescindere da esso e non se ne sente mai all’altezza. Siamo
sempre debitori degli altri di carità, di dolcezza, di accoglienza, nessuno è
mai povero da non poter donare.
Guardarsi dentro implica un dolore e anche possiamo scegliere di
rifiutare di vedere i nostri errori cadendo nel baratro dell’orgoglio o cercare
di consegnare le nostre debolezze alla misericordia di Dio. Non siamo creditori
verso nessuno ma debitori nei confronti di tanta grandezza. Guardare la vita
come prospettiva di una Provvidenza e già dal primo capitolo della Bibbia in
genesi ce lo spiega bene il racconto di Giuseppe non importa ciò che ha subito
e sopportato con i suoi fratelli perché quello che ha vissuto è servito per i
piani di Salvezza del Signore ….. è Dio che illuminando la nostra pochezza e ci
permette di esercitare il perdono perché conosciamo e viviamo della Sua
generosità.
Sopportare
pazientemente le persone moleste
“Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo
che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata 4 e la virtù
provata la speranza. 5 La
speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri
cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.” Rm 5,3,-5
“Le persone che mi danno fastidio, quelle che mi mettono i
bastoni tra le ruote, quelle che mandano in aria le situazioni…” Scrive Rosini
“sono quelle che costringono a passare dalla mia ingiustizia al Piano di Dio, a
fare la giustizia si tratta di trasformare le persone che sono moleste in
emissari di Dio, persone che Dio ci manda, che lui permette che arrivino nella
nostra vita, perché noi, da giudici iniqui diventiamo giudici generosi” come lo
ha dimostrato Gesù in croce. Chi entra nella tribolazione nel nome di Cristo
impara la pazienza, quindi l’amore di rapportarmi al molesto con amore e
responsabilità nei confronti di Dio. La pazienza è quel tipo di attitudine per
cui si riconosce la presenza di Dio al di la’ del male umano. È questa la
costruttività. Questo è l’edificare. Dietro ogni storia, ogni esperienza c’è un
Dio Padre, colui che accoglie in male per trasformarlo in grazia. Accettare il molesto perché io lo sono nei
confronti del Padre, accogliere il fratello perché il mio fine è l’attesa di
raggiungere la vita eterna e se essa deve passare da questa tribolazione ben
venga “ Signore Passi da me questo calice tuttavia sia fatta la Tua e non la
mia volontà” ripete Gesù nel Getsemani , San Francesco D’assisi diceva “tanto
il bene che mi aspetto che ogni pena m’ è diletto” raddrizziamo allora i nostri sentieri affinché
possiamo arrivare al traguardo senza passare per deviazioni.
·
Pregare
Dio per i vivi e per i morti
La chiesa è un corpo ed ognuno in base al proprio carisma
svolge una missione affinché lo Spirito Santo suscita e conferma questi compiti
diversi in ognuno è necessario oserei dire fondamentale chiedere l’aiuto
attraverso la preghiera di ricevere attraverso il Paraclito che ci indichi le parole
e le azioni per ogni nostro andare sia a livello personale che collettivo. Le
suore di clausura ad esempio scelgono di sostenere il mondo con la loro
preghiera n per non farlo vacillare, perché possano i sacerdoti essere
strumenti di Dio. Cristo ha salvato il mondo ma accettava tutto dopo aver
pregato, sulla croce Gesù continua a pregare, la preghiera è la nostra forza,”
tutto posso in colui che mi dà forza” scrive san Paolo in Filippesi 4, 3.
Essa è portatrice di profondità, ci riempie di amore se dietro
quelle preghiere c’è la convinzione di cio’ che recitiamo. Partire dalla
preghiera è necessario per il fare successivo.
Come possiamo parlare di Dio se è a noi sconosciuto?
Se pregare per noi è necessario pregare per i vivi e per i
morti è un atto di carità, “la preghiera richiede amore, e l’amore è un
movimento da me all’altro che in questo caso passa per il dialogo con Dio,
quest’opera è invisibile.” scrive Rosini
– la preghiera di intercessione implica la sincerità, la fede, lo slancio e la
costanza e serietà. La preghiera è un combattimento basta ricordarci gia’
nell’antico testamento in genesi il combattimento che Giacobbe ebbe con Dio
prima di diventare Israele. La preghiera implica la fiducia certa che Dio
provvede, che abbiamo un padre che si commuove davanti ad un figlio che chiede
sinceramente aiuto. Pregare significa lottare contro noi stessi, con i nostri
limiti, contro un tentatore che fa di tutto per separarci da questo rapporto.
L’amore salva il mondo, e, fare le cose con amore, cioè coinvolgendo il cuore
hanno un’impronta diversa che farle in modo freddo o tanto per fare. Pregare
Dio per i vivi o per i morti vuol dire accantonarsi per il bene dell’altro,
preoccuparsi per … significa attenzione all’altro senza averne riscontro.
I genitori danno la vita per i figli li supportano
moralmente e psicologicamente, li perdonano tante volte ma giunge un momento
che nonostante tutto quello che hanno dato e fatto devono accettare che il
foglio sia cresciuto e devono accettare che si distacchi e diventi autonomo da
loro e questo il caso in cui i genitori possono solo pregare per lui offrire a
Dio digiuni, elemosine. solo così dimostriamo la gratitudine pura, il puro
amore ma implica anche di accettare la nostra impotenza e affidarli a Dio certi
della Sua potenza. Questa maturazione arriva solo se abbiamo un rapporto sano e
oggettivo con la nostra impotenza ed accettare di essere creature in mano al
creatore ossia accettare di essere limitati, questo equilibrio è frutto di una
costante preghiera fiduciosa al Padre . L’assenza del rapporto con Dio ci rende
superficiali, manca ogni opera di profondità. Senza preghiera il mio cuore non
guarda l’interesse degli altri Ma solo il mio e non mi dà eternità. Si possono
fare opere di carità senza pregare ma non hanno lo stesso sapore .in
quest’opera è richiesta una nobiltà di percezioni che solo la carità vera può
dare. La preghiera quando è vera sale a Dio come supplica di relazione a Dio.
Col battesimo ogni cristiano ha la chiave di accesso al cuore di Dio. Quando
non c’ è cuore dietro all’atto che compio vuol dire che non c’è rapporto con
Dio e parto da me stessa e che quindi non siamo capaci di queste opere di Misericordia.
Se invece da questa relazione con Dio mi rapporto al prossimo tutto acquisisce
una nuova forma e un nuovo colore diventa tutto fatto per Dio e non tra me e
lui è nel nostro dialogo io annuncio Dio e la sua eternità. Dio ci ha dato il
dono dell’angoscia per ammettere di non bastarci, di aver bisogno di Lui, di
dover chiedere aiuto. L’amore nasce dallo spiffero amaro di non bastare a se
stessi, dal limite umano che se accettato è una porta che ti fa conoscere la
tua debolezza e quella dell’altro il peso di entrambi e il dolore e allora che nasce
la premura per il debole ,e dal debole all’attenzione all’altro a livello gratuito e senza interesse come anche nel caso
del vestire e tumulare, seppellire il defunto o
o cremarlo lasciandolo custodito del luogo sacro che puo’ essere un
cimitero o una Chiesa e pregare per lui.
La misericordia di
Dio cerca la nostra povertà e la ama e una volta amata diventa misericordia.
Solo se partiamo
dalla preghiera possiamo rigenerarci perché cambiando il volto del nostro cuore
indurito possiamo abbronzarci di quel sole che crea: l’amore
Un immenso
ringraziamento a Dio per avermi dato
modo di conoscere se pur da lontano Fabio Rosini e a lui per questo splendido
libro . Non dimentichiamo di pregare mai per le persone consacrate che ci
portano a conoscere ed amare Nostro
Padre .
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