L’arte di trarre profitto dai
nostri peccati
Fratelli, questo nuovo post che
leggeremo è un nuovo viaggio che ho scelto di fare con voi. E’ un viaggio alla ricerca di noi stessi e dei
benefici che possiamo ricavare dalle nostre debolezze. Pertanto prendiamo posto…..pronti a partire????? Si
accende la macchina…. Vai…..
Nella nostra vita possiamo reputarci
belli, brutti, ricchi, poveri , alti o bassi ma nessuno può dire di essere
senza peccato. Il peccato accomuna tutti
gli essere umani e deforma la somiglianza col nostro Dio creatore. Quando noi
pecchiamo , offendiamo Dio nel Suo amore per noi. L’inimicizia causata dal
peccato rende l’uomo profondamente infelice e stimola sentimenti di tristezza e
timore. Con la confessione, ossia col perdono Divino, l’uomo opera la riconciliazione e gli viene restituito Pace e Gioia. La parabola
del Figliol Prodigo, o chiamata anche parabola del Padre Misericordioso, ci
rivela il volto autentico del Padre, pieno di compassione per il figlio
smarrito, Non solo il Padre non cessa di amarci seppur l’abbiamo abbandonato,
ma aspetta il nostro ritorno per darci un perdono sincero. Il Padre non attende il Figlio adirato ma lo riaccoglie con tenerezza, con amore per
permettergli di trarre profitto da quell’errore. Trovare profitto dei nostri peccati significa
diventare consapevoli del nostro stato di peccatore, trovare la verità delle
nostre disposizioni intime e del nostro comportamento. L’esperienza delle
nostre debolezze ci aiuta a progredire
nell’umiltà , a riconoscere ciò che è imperfetto in noi e ha bisogno della
forza superiore della grazia. L’approfondimento
dell’umiltà nel riconoscimento
della nostra miseria personale non deve portarci a scoraggiarci in quanto lo
scoraggiamento non solo non è un rimedio ma aggrava la difficoltà perché ci
porta a chiuderci alla nostra debolezza laddove invece l’intervento di Dio è ancora
più necessario: Il coraggio
soprannaturale , la forza che viene dallo Spirito Santo e che produce frutti, la perseveranza
alla via del bene e ancora rimanendo nell’amore di Dio saremo al riparo
dai turbamenti del Peccato. Nell’Amore non c’è timore perché l’ amore schiaccia
la paura in quanto temo per la conseguenza
del castigo, e se io so di essere amato
anche se sbaglio non mi preoccupo più delle conseguenze ed esco dalla mia
prigione interiore e inizio a sviluppare
una pace intima dell’anima dove fiorirà la speranza. In ogni situazione di
peccato, come dopo ogni tempesta, attraverso la tristezza del
peccato il Signore ha voluto regalarci
un arcobaleno di gioia che dà solo la Speranza di non ricadere per
occupare un posto nella casa del Padre. Ammirando
la bontà Divina che ci perdona con tanta generosità, che ci lascia liberi, siamo
ispirati a non peccare più.
La rovina delle nostre anime è lo scoraggiamento
a tal proposito San Francesco di Sales ripeteva in continuazione “miseria umana
cosa ci si può aspettare da noi se non
cadute?” finché viviamo dentro questo corpo saremo sempre esposti alle cadute
in quanto non potremo mai staccarci da noi stessi e nessuno può senza uno speciale
privilegio come quello che la Chiesa
riconosce alla Vergine Maria. L’amor proprio si modificherà in noi ma non
morirà mai. Turbarsi e scoraggiarsi quando si cade nel peccato equivale a non
conoscere se stessi. Le nostre imperfezioni ci accompagneranno fino al
sepolcro. La purificazione e la guarigione si verifica poco a poco passando da
un grado all’altro, attraverso tempo e lavoro. La guarigione lenta è la più
efficace pertanto è necessario avere pazienza e non spaventarsi. Iniziare ogni
giorno il cammino della nostra perfezione
senza aver paura di trovare in noi tanta miseria. San Giovanni
Crisostomo fa un bellissimo paragone
bellico dice infatti che quando un soldato combatte non ha paura di
farsi male ma vince chi si lancia contro
il nemico con ardore . Sebbene lo spirito è forte la carne è debole per cui
davanti alla tentazione avremo quello scossone umano fino a quando non raggiungeremo il Cielo. E’
importante pertanto avere comprensione dell’altro da non confondere però con
l’indifferenza.
Non dobbiamo
turbarci di fronte ai nostri peccati: La tristezza causa effetti più cattivi che
buoni causa effetti positivi attraverso
la misericordia e la penitenza mentre i
“frutti” cattivi che generavo sono : angoscia, pigrizia, indignazione, gelosia,
invidia, e impazienza.
Il demonio fa grossi sforzi per riuscire a scoraggiare e
disperare l’anima cercando di turbarla.
La tristezza cattiva intimorisce
l’anima , la riempie di inquietudine, le
causa disordine, disgusto nella preghiera, confonde e indebolisce
l’intelligenza, lascia l’anima incerta, irresoluta, senza giudizio e senza
coraggio ed esaurisce le forze, lasciando l’anima paralitica e priva di tutte
le sue facoltà, questo stato rimane fin quando un rito, una confessione fatta
bene o una catechesi restituisce un fervore iniziale ma questa conversione
essendo turbata da nuove cadute aggravano lo scoraggiamento ricordando gli
errori passati pertanto è importante la calma e la pazienza con se stessi e di guardarsi
dalla fretta e dalle inquietudini
perché non c’è nulla che ostacoli di più il cammino della perfezione.
Bisogna sopportare con pazienza la lentezza della
nostra perfezione facendo il possibile da parte nostra senza perdere la pace ed
avere sempre il coraggio di risollevarsi con calma, preferendo al più presto la
confessione che ci ispira sicurezza e ci
aiuta a rialzarci riacquistando la pace e ritornare a lodare Dio . La mancanza
di pace deriva dall’amor proprio, dalla ricerca di se stessi.
Ci sono due tipi di orgoglio:
1.
quello contento di se stesso che è il
più comune e il meno pericoloso e
2.
quello scontento di se perché si
attendeva molto e si è visto frustrato nella sua speranza. Questo orgoglio è
molto più raffinata e pericolosa.
tranquillità. Quando sbagliamo, non
pensiamo di essere stati infedeli ma deboli, pertanto non ci affliggiamo, ma cerchiamo di rispettarci alzandoci,
dandoci la speranza cosi’ come con dolcezza ammoniamo un figlio con dolcezza
per correggerlo ed estinguere un determinato comportamento. Confessiamoci spesso affinché il peccato veniale non possa accumulare la sporcizia e possa
farci cadere nel peccato mortale. Bisogna ristabilire il nostro equilibrio con
tranquillità e calma. L’inquietudine è causa dell’amor proprio il quale prova disgusto per la fatica nell’esercizio delle virtù e
perché tutti i giorni bisogna ricominciare , mentre il dispiacere è un effetto
della grazia che ci ispira avversione da tutto ciò che dispiace al nostro
creatore. Dobbiamo lottare continuamente con le nostre passioni, e con maggior coraggio rialzarsi senza ira e
senza sdegno. Per acquistare la vera umiltà, l’anima si affligge di aver
offeso Dio ma si rasserena nella
speranza della sua misericordia.
Non dobbiamo
scoraggiarci di fronte ai nostri peccati: San Giovanni Crisostomo ripeteva di continuo:
“Succeda quello che succeda non vi scoraggiate mai mai “La nostra salvezza ha
due nemici mortali:
·
la presunzione nell’innocenza e
·
la disperazione dopo la caduta
Il secondo è di gran lunga il piu’ terribile
in quanto “nella speranza siamo salvi”, l’anima che vinta dallo scoraggiamento
si scioglie da questa speranza e perisce nel male, ed è quando siamo oppressi
dal peccato che il nostro acerrimo nemico (il diavolo) si lancia su di noi e
insinua nei nostri cuori sentimenti di disperazione. L’ anima caduta nella
disperazione molto spesso fanno parte di quella immensità di anime non riparate
e divenute scandalo per la chiesa. Nella disperazione , il demonio si insinua
proprio in questo momento dirigendo l’anima là dove lui vuole , allontanandola
da Dio mediante il peccato e il timore di Dio. I nostri peccati abituali
offrono a Satana un facile mezzo per giungere a questo risultato. Lo
scoraggiamento non deriva tanto dai nostri peccati ma dal nostro abbattimento e
la nostra sfiducia. Non dobbiamo
scoraggiarci davanti al peccato qualunque esso sia , quindi riacquistiamo il
coraggio, la speranza e la risoluzione.
Essere una buona serva di Dio vuol dire
essere caritatevole con il prossimo , desiderare irremovibilmente di fare la
volontà di Dio, avere l’umiltà e la semplicità di affidarsi totalmente a Lui
per risollevarsi ogni qualvolta che si cade, sopportando le proprie miserie con
pazienza e sopportare gli altri con le proprie imperfezioni. La fragilità non è un male se abbiamo il
coraggio di risollevarci e porre invece la nostra fiducia in Dio. Dopo la caduta l’anima viene
avvolta da un manto di tristezza e di confusione che schiaccia Dio precedentemente
offeso con leggerezza apparendo ai nostri occhi Dio stesso come vendicatore.
Bisogna invece accettare che se è vero che
il cammino per purificare l’anima è lungo e difficile è pur vero che
tutto possiamo in colui che ci dà forza e che il cuore di Dio è sempre pronto a
medicare le nostre ferite. Ed allora dopo aver peccato dobbiamo rivolgerci al
padre con fiducia e umiltà dicendo:
“ Misericordia Signore perché sono malato
“
Quindi
coraggio, ricominciamo sempre. Armiamoci di fede e camminiamo con fermezza
sulla via di Dio e nulla potrà nuocerci. Accettiamo con umiltà di aver
sbagliato e riconosciamo le nostre infermità chiedendo perdono e invocando l'aiuto
dal cielo.
Le
cadute gravi se non diventano un abitudine non solo non lascia traccia dopo il perono
ma nemmeno impediscono all’anima di recuperare terreno già conquistato nella
devozione, senza dubbio è un regresso ma l’assoluzione e la costrizione perfetta
compensano questa perdita e riempiono questa lacuna. Se invece è rimasto per
molto tempo immerso in questo stato di peccato la perdita sarà più grave ma comunque sanabile. E’ necessario
combattere tra il timore e la speranza
tenendo conto che la speranza deve essere sempre più forte considerando l’onnipotenza
di Dio. E’ necessario vigilare per non cadere nell’orgoglio e nella superbia ,
nella disperazione e nello scoraggiamento
Dobbiamo profittare dei nostri
peccati per umiliarci con la conoscenza della nostra miseria: Non scoraggiamoci e nemmeno spaventiamoci
dalle nostre cadute perché esse sono disposizioni indispensabili e salutari,
questo profitto lo vedremo alla luce della Misericordia di Dio e alla grazia di
Gesu’ Cristo che si serve delle nostre iniquità per la sua bontà e delle nostre
fragilità per la nostra salvezza.
Sant’Agostino
scrive ricordando San Paolo “ Tutto contribuisce al bene di quelli che amano
Dio”, anche le cadute perché ci alziamo più umili, più vigilanti e più
fervorosi. Questo è possibile perché Dio sa trarre il bene dal male infatti si
trae tanto profitto dal disprezzo di se
San
Francesco di Sales invece scrive “ Benedette imperfezioni che ci fanno
conoscere la nostra miseria, ci esercitano l’umiltà, nel disprezzo di noi
stessi, nella pazienza e nella diligenza. Dobbiamo mettere degli ostacoli alle
nostre imperfezioni di un’avversione serena, guardarle con pazienza e usarle
per trarre profitto attraverso un santo disprezzo di voi stessi.
La
perfezione è il duplice sentimento della necessità dell’umiltà e delle
difficoltà per raggiungerla. Questa virtù è la madre , la radice e il legame di
tutti gli altri beni ma anche quando crediamo di aver raggiunto l’umiltà è
proprio allora che cadiamo nell’orgoglio , radice di ogni peccato che piu’ radicato dell’umiltà e cerca
continuamente di soffocarla.
Non
ci sono parole per esprimere la forza e l’astuzia di queto demonio della
Superbia , ne’ l’ingegno e la varietà delle sue
trappole e vorrebbe con suo veleno infiammare tutte le nostre passioni
dalle piu’ sante e le più indifferenti, i nostri segreti pensieri e le nostre
intenzioni.
Contro
questo demone , la superbia, nessuno è sufficientemente armato per abbatterlo.
La
superbia è una stima, un amore disordinato del nostro proprio valore.
L’umiltà
è invece la vera conoscenza e il volontario riconoscimento della nostra miseria.
Questa conoscenza del nostro niente non deve turbarci ma deve renderci mansueti
, umili piccoli davanti a Dio, è l’amor proprio a farci perdere la pazienza,
vedendoci poveri e miserabili. Questo pero’ ci porta a benedire Dio e a non
lamentarci.
La
conoscenza del nostro niente non deve turbarci ma ci deve rendere umili,
mansueti, piccoli davanti a Dio. IL buon pastore usa con le sue pecore 3 tipi
di verga
1.
la verga della correzione ossia delle
avversità
2.
la verga della prova ossia la
tentazione
3.
la verga dell’indignazione che
consiste nel permettere i peccati
sotto
ciascuna verga l’uomo si vede costretto a riconoscere il suo niente e ad
umiliarsi in modo particolare con l’ultima, perché in questa specialmente vede
realmente la mia miseria. Questa è tanto
salutare che Dio non esita ad utilizzarla con i suoi migliori amici affinché’
impari da questa imperfezione che è imperfetto e quindi a non basarsi sulle
proprie forze. Nostro Signore permette che in questi piccoli assalti abbiamo la
peggio affinché ci umiliano e sappiamo che se abbiamo vinto alcune grandi
tentazioni non è stato in virtù di un nostro sforzo ma dell’aiuto divino.
Viviamo sempre vigilanti e rimaniamo fermi nell’umiltà e nella fedeltà a Dio.
Nell’umiltà riconoscendo la nostra miseria e meschinità. E’ necessario
sopportare la nostra imperfezione per ottenere la perfezione. L’umiltà si nutre
di questa sofferenza. Sant’ Isidoro e
San Tommaso affermano che a volte per castigare la superbia Dio permette grandi
cadute in peccati vergognosi, questi peccati sono meno gravi della superbia e
la misericordia divina si serve di essi per spaventare, assoggettare e
risvegliare l’anima orgogliosa. A Dio piacciono di più le azioni cattive
associate all’umiltà che le opere buone infettate di superbia. Valgono di più i
peccati con umiltà che l’innocenza con superbia. San Gregorio di Nicea dice che
“ un carro pieno di buone opere guidato
dalla superbia conduce all’inferno, un carro pieno di peccato guidato
dall’umiltà porta in Paradiso. “Per
seguire le orme dell’agnello”, scrive San Bernardo “il peccatore che pende i sentimenti
dell’umiltà fa un cammino più sicuro di colui che essendo vergine segue le vie
della superbia, perché l’umiltà del primo lo purificherà dalle sue macchie
mentre la superbia del secondo non può macchiare la sua purezza”. San Tommaso,
a proposito della superbia scrive: “ La
superbia è per sua natura il peggiore di tutti i peccati, più gravi dell’infedeltà, la distrazione, l’omicidio
e la lussuria perchè causa la
separazione con Dio.” Negli altri peccati l’uomo si allontana
da Dio per ignoranza, per debolezza o per desiderio di un bene qualunque, la
superbia invece separa l’uomo da Dio perché non vuole sottomettersi a lui e
alla sua legge. La superbia è l’unico vizio che si oppone a Dio. E’ il più
grave tra tutti i peccati perché li supera tutti in avversione a Dio, il che
costituisce la sua malizia formale. L’umiltà è il cemento dell’edificio
spirituale, perché Dio non edificherà mai se non nella grande fossa che sua
grazia agli umili. Questa grazia ci inonda al nostro abbassamento e fa germogliare
nel fondo del nostro riconosciuto niente il seme della vera santità, ormai al
riparo degli assalti della superbia. La
riconoscenza a Dio è un frutto che la vista dei nostri peccati produce e fa
germogliare. L’umiltà è essenzialmente il nulla dal quale siamo stati tratti.
L’ingratitudine
è figlia della superbia: è un peccato generale che si stende su tuti gli altri
e li rende infinitamente più grandi, questo vizio può essere combattuto più
vittoriosamente che paragonando le nostre infedeltà alle inesauribili
misericordie di un Dio infinitamente buono.
Guardiamo
ciò che Dio ha fatto con noi e ciò che noi abbiamo fatto contro Dio.
Se
avvertiamo una certa tentazione di vanità, l’infallibile rimedio è ricorrere
alla considerazione delle nostre ingratitudini, imperfezioni e miserie poiché
se vediamo che a quello che abbiamo fatto quando Dio non è stato in noi sapremo
chiaramente ciò che facciamo quando ci allontaniamo da Dioe quando invece Dio è
con noi. Dio permette che i depositari della sua autorità commettano il peccato
affinché le cadute possano renderci benigni con i loro fratelli. Dio permise il
peccato di Pietro, colonna della chiesa per insegnarci a trattare gli altri con
misericordia, anche Elia cadde per permissione divina perché si rivestisse del
mantello della carità e fosse indulgente come il Suo Signore.
Per
sentirsi disgraziato bisogna prima provare su se stessi la disgrazia che gli
altri stanno affrontando.
Dobbiamo
profittare dei nostri peccati per amare la nostra miseria : Il più alto grado di umiltà non consiste solo
nel riconoscere volontariamente la nostra miseria ma nell’amarla e nel
compiacersi di essa. “L’umiltà non è
altro che un continua conoscenza del nostro niente e una continua gioia
in mezzo a tutto ciò che ci procura un disprezzo di noi stessi” scriveva Santa
Maddalena dei Pazzi
La
luce su cui illuminano la nostra miseria non solo debbono farcela conoscere ma
anche amare. La verità è che siamo miserabili e che senza i dono di Dio non
siamo altro che niente e peccato. Le umiliazioni, come osserva San Bernardo
sono la via indispensabile che bisogna seguire per giungere all’umiltà, un
anima convinta come deve esserlo, della necessità di questa virtù , deve amare
e cercare le umiliazioni come il viaggiatore che vuole arrivare alla sua meta ,
desidera e cerca il cammino che ad essa conduce.
Infine,
la nostra miseria ci rende amabili, anche perché attira con più abbondanza su
di noi , le Misericordie del cuore di Dio. Ciascuna delle nostre cadute sarà un
gradino in più per aiutarci a scendere nella stima di noi stessi e nelle
esigenze del nostro egoismo fino all’”ultimo posto” che ci spetta e dove
disgraziatamente la nostra invincibile superbia ci farà stare ancora molto
contro la volontà di colui che volle essere l’ultimo di tutti, l’obbrobrio
degli uomini , l’abiezione della plebe. Grande sarà il profitto che trarremo
dai nostri peccati , se ci faranno amare la nostra miseria, il nostro amabile
Santo cercava sempre nell’umiltà il terremoto della santità, ammette senza
difficoltà che utilizzando così le cadute, può stare al di sopra di sopra di
un’altra meno propensa a cadere. Bisogna però non dare spazio all’inquietudine
e all’impazienza. San Pietro fu eletto capo degli apostoli sebbene fosse
soggetto a molte imperfezioni e le commetteva persino dopo aver ricevuto lo
Spirito Santo, ma nonostante questi peccati avevano sempre un grande animo e
non lo stupivano perciò nostro Signore lo fece suo luogotenente e lo favorì più
di tutti gli altri, in modo che nessuno avesse avuto ragione di dire che non
meritava di essere innalzato più di San Giovanni o degli altri apostoli. Sopportiamo la condizione di questa
miserabile vita ma senza ansietà, né inquietudini e quando mancate di fedeltà umiliatevi
senza scoraggiarvi. Questa umiliazione e
questo amore per la propria disistima con tranquillità e calma sarà più gradito
a Dio delle nostre pignole fedeltà. Quando non sappiamo discernere dal male e
dal bene e dubitiamo se abbiamo offeso Dio iniziamo a pregare e chiediamo con umiltà l’aiuto di Dio per
illuminare le nostre vie e saperci comportare la prossima volta e dimenticando
totalmente ciò che è successo, tornando al nostro lavoro ordinario. L’essere stato sgradito a Dio con l’infedeltà
alla sua grazia è cosa che mi dà molta pena, ma mi rallegro dell’umiliazione e
accetto riconoscente perché in questo io posso vedere la mia miseria. La nostra
miseria merita che l’amiamo perché ci
obbliga a rendere omaggio al verbo fatto carne, rendendolo ancora più amabile.
I nostri peccati non debbono mai gettarci nella disperazione ma devono essere
accompagnati dalla fiducia nella bontà divina. Dio
non può fare a meno di amarci perché lui è amore, amarci ne rappresenta per lui
una necessità. E’ pur vero che il peccato abbonda
ovunque portando complicazioni, problemi, complicazioni , solleva ostacoli ma
Dio è sopra tutto. Il peccato si oppone a Dio perché lo offende ma non lo
cambia mai. Dio modifica i suoi atti ma non la sua essenza. Difronte al nostro
niente, la sua bontà si trasforma in amore e di fronte al peccato il Suo amore
si trasforma in Misericordia se solo però il peccatore crede e spera in Dio. La
Misericordia di Dio si commuove più per questa che per tutte le altre disgrazie
che potrebbero ferirci. La Misericordia di Dio non è altro che la Sua bontà,
ossia l’essenza stessa di Dio nei suoi rapporti con la miseria della sua
creatura, ogni nostri peccati può diventare un occasione nuovo perché si
manifesti questo attributo divino.
“Beati
i misericordiosi!”, beato soprattutto colui che è l’unico ad avere il diritto
di essere chiamato buono. Rivolgiamoci a nostro Papino dicendogli: “Mi
perdonerete Signore e cancellerete i miei peccati per glorificare la vostra perfezione, la moltitudine
dei miei crimini mi fa sperare nel Tuo perdono perché quanto più numerosi sono i miei peccati tanto più sarò grata della Sua
misericordia”. Dio ci ha insegnato a non lasciarci vincere dal male ma a vincere
il male col bene e non restituire male su male né maledizione per maledizioni,
a colmare di benefici i nostri nemici e accumulare carboni ardenti sulle loro
teste.
L’infinita
santità di Dio ha lo scopo di uccidere il peccato, sterminarlo totalmente L’odio
divino si rivolge contro il peccato. Dio separa il peccato dal peccatore. Gesu’
è venuto a liberarci dalla malattia del peccato perche’ sapeva che siamo malati
e che abbiamo bisogno del medico.
Il cuore di Gesù è il trono della
misericordia , dove i migliori ricevitori sono i miserabili qualora l’amore li
accompagni nell’abissi delle loro miserie. Santa Margherita Maria ripete spesso:“Quando
commettete peccati non vi turbate per questo, perché questa inquietudine e
l’eccessiva sollecitudine allontana Dio
dalle nostre anime e cacciano Gesù Cristo dal nostro cuore chiedendogli
perdono preghiamo il suo sacro cuore di riparare per noi e di restituirci alla grazia della sua divina
Maestà” continua dicendo “parlate allora con fiducia all’amabilissimo cuore di
Gesu’ . Pregate per il vostro povero schiavo e riparate il male che ho appena
fatto. Trasformatelo in gloria vostra e in edificazione del prossimo e salvezza
della mia anima”. I nostri peccati ci servono molto per umiliarci e renderci
conto di cio’ che siamo.
Dopo esserci umiliati ricominciate ad
essere fedeli e sperare nella Divina Misericordia che è superiore ad ogni male.
Anche se ogni volta che respiriamo cadessimo in peccato, se altrettante volte
tornassimo a Dio per ricominciare le nostre cadute non ci danneggerebbero. Il
Signore guarda meno i peccati che i vantaggi che ne traiamo, se li usiamo per
umiliarci davanti a Lui e farci piccoli e miti, allora non ci danneggiano
affatto, né indeboliscono la sua volontà nei nostri confronti. Conoscere i
propri peccati è una grazia molto grande per un anima , questa conoscenza le fa
scoprire la bontà di Dio e il prezzo dei meriti del divino Salvatore.
Fine prima parte
Tratto
da dell’Arte di trarre profitto dai
nostri peccati di Joseph Tissot
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