mercoledì 23 maggio 2018

L’ARTE DI TRARRE PROFITTO DAI NOSTRI PECCATI

L’arte di trarre profitto dai nostri peccati
Fratelli, questo nuovo post che leggeremo è un nuovo viaggio che ho scelto di fare con voi.  E’ un viaggio alla ricerca di noi stessi e dei benefici che possiamo ricavare dalle nostre debolezze. Pertanto  prendiamo posto…..pronti a partire????? Si accende la macchina…. Vai…..

Nella nostra vita possiamo reputarci belli, brutti, ricchi, poveri , alti o bassi ma nessuno può dire di essere senza peccato.  Il peccato accomuna tutti gli essere umani e deforma la somiglianza col nostro Dio creatore. Quando noi pecchiamo , offendiamo Dio nel Suo amore per noi. L’inimicizia causata dal peccato rende l’uomo profondamente infelice e stimola sentimenti di tristezza e timore. Con la confessione, ossia col perdono Divino,  l’uomo opera la riconciliazione e  gli viene restituito Pace e Gioia. La parabola del Figliol Prodigo, o chiamata anche parabola del Padre Misericordioso, ci rivela il volto autentico del Padre, pieno di compassione per il figlio smarrito, Non solo il Padre non cessa di amarci seppur l’abbiamo abbandonato, ma aspetta il nostro ritorno per darci un perdono sincero. Il Padre  non attende il Figlio adirato  ma lo riaccoglie con tenerezza, con amore per permettergli di trarre profitto da quell’errore.  Trovare profitto dei nostri peccati significa diventare consapevoli del nostro stato di peccatore, trovare la verità delle nostre disposizioni intime e del nostro comportamento. L’esperienza delle nostre debolezze  ci aiuta a progredire nell’umiltà , a riconoscere ciò che è imperfetto in noi e ha bisogno della forza superiore della grazia. L’approfondimento  dell’umiltà  nel riconoscimento della nostra miseria personale non deve portarci a scoraggiarci in quanto lo scoraggiamento non solo non è un rimedio ma aggrava la difficoltà perché ci porta a chiuderci alla nostra debolezza laddove invece l’intervento di Dio è ancora più necessario:  Il coraggio soprannaturale , la forza che viene dallo Spirito Santo  e che produce frutti, la perseveranza alla  via del bene e ancora  rimanendo nell’amore di Dio saremo al riparo dai turbamenti del Peccato. Nell’Amore non c’è timore perché l’ amore schiaccia la paura in quanto  temo per la conseguenza del castigo, e se io so  di essere amato anche se sbaglio non mi preoccupo più delle conseguenze ed esco dalla mia prigione interiore  e inizio a sviluppare una pace intima dell’anima dove fiorirà la speranza. In ogni situazione di peccato, come dopo ogni tempesta, attraverso la tristezza  del  peccato il Signore  ha voluto  regalarci  un arcobaleno di gioia che dà solo la Speranza di non ricadere per occupare un posto nella casa del Padre.  Ammirando la bontà Divina che ci perdona con tanta generosità, che ci lascia liberi, siamo ispirati a non peccare più.
La rovina delle nostre anime è lo scoraggiamento a tal proposito San Francesco di Sales ripeteva in continuazione “miseria umana cosa ci si può  aspettare da noi se non cadute?” finché viviamo dentro questo corpo saremo sempre esposti alle cadute in quanto non potremo mai staccarci da noi stessi  e nessuno può senza uno speciale privilegio  come quello che la Chiesa riconosce alla Vergine Maria. L’amor proprio si modificherà in noi ma non morirà mai. Turbarsi e scoraggiarsi quando si cade nel peccato equivale a non conoscere se stessi. Le nostre imperfezioni ci accompagneranno fino al sepolcro. La purificazione e la guarigione si verifica poco a poco passando da un grado all’altro, attraverso tempo e lavoro. La guarigione lenta è la più efficace pertanto è necessario avere pazienza e non spaventarsi. Iniziare ogni giorno il cammino della nostra perfezione  senza aver paura di trovare in noi tanta miseria. San Giovanni Crisostomo fa un bellissimo paragone  bellico dice infatti che quando un soldato combatte non ha paura di farsi male ma vince chi  si lancia contro il nemico con ardore . Sebbene lo spirito è forte la carne è debole per cui davanti alla tentazione avremo quello scossone umano  fino a quando non raggiungeremo il Cielo. E’ importante pertanto avere comprensione dell’altro da non confondere però con l’indifferenza.
Non dobbiamo turbarci di fronte ai nostri peccati:  La tristezza causa effetti più cattivi che buoni  causa effetti positivi attraverso la misericordia e  la penitenza mentre i “frutti” cattivi che generavo sono : angoscia, pigrizia, indignazione, gelosia, invidia, e impazienza.
Il demonio fa  grossi sforzi per riuscire a scoraggiare e disperare l’anima cercando di turbarla.
La tristezza cattiva intimorisce l’anima , la riempie di inquietudine,  le causa disordine, disgusto nella preghiera, confonde e indebolisce l’intelligenza, lascia l’anima incerta, irresoluta, senza giudizio e senza coraggio ed esaurisce le forze, lasciando l’anima paralitica e priva di tutte le sue facoltà, questo stato rimane fin quando un rito, una confessione fatta bene o una catechesi restituisce un fervore iniziale ma questa conversione essendo turbata da nuove cadute aggravano lo scoraggiamento ricordando gli errori passati pertanto è importante la calma e la pazienza con se stessi e di guardarsi dalla fretta e dalle inquietudini  perché non c’è nulla che ostacoli di più il cammino della perfezione.  
Bisogna  sopportare con pazienza la lentezza della nostra perfezione facendo il possibile da parte nostra senza perdere la pace ed avere sempre il coraggio di risollevarsi con calma, preferendo al più presto la confessione che ci ispira sicurezza  e ci aiuta a rialzarci riacquistando la pace e ritornare a lodare Dio . La mancanza di pace deriva dall’amor proprio, dalla ricerca di se stessi.
Ci sono due tipi di orgoglio:
1.      quello contento di se stesso che è il più comune e il meno pericoloso e
2.      quello scontento di se perché si attendeva molto e si è visto frustrato nella sua speranza. Questo orgoglio è molto più raffinata e pericolosa.
tranquillità. Quando sbagliamo, non pensiamo di essere stati infedeli ma deboli, pertanto non ci affliggiamo,  ma cerchiamo di rispettarci alzandoci, dandoci la speranza cosi’ come con dolcezza ammoniamo un figlio con dolcezza per correggerlo ed estinguere un determinato comportamento. Confessiamoci  spesso affinché il peccato veniale  non possa accumulare la sporcizia e possa farci cadere nel peccato mortale. Bisogna ristabilire il nostro equilibrio con tranquillità e calma. L’inquietudine è causa dell’amor proprio il quale  prova disgusto  per la fatica nell’esercizio delle virtù e perché tutti i giorni bisogna ricominciare , mentre il dispiacere è un effetto della grazia che ci ispira avversione da tutto ciò che dispiace al nostro creatore. Dobbiamo lottare continuamente con le nostre passioni,  e con maggior coraggio rialzarsi senza ira e senza sdegno. Per acquistare la vera umiltà, l’anima si affligge di aver offeso  Dio ma si rasserena nella speranza della sua misericordia.
Non dobbiamo scoraggiarci di fronte ai nostri peccati: San Giovanni Crisostomo ripeteva di continuo: “Succeda quello che succeda non vi scoraggiate mai mai “La nostra salvezza ha due nemici mortali:
·         la presunzione nell’innocenza e
·         la disperazione dopo la caduta 
Il secondo è di gran lunga il piu’ terribile in quanto “nella speranza siamo salvi”, l’anima che vinta dallo scoraggiamento si scioglie da questa speranza e perisce nel male, ed è quando siamo oppressi dal peccato che il nostro acerrimo nemico (il diavolo) si lancia su di noi e insinua nei nostri cuori sentimenti di disperazione. L’ anima caduta nella disperazione molto spesso fanno parte di quella immensità di anime non riparate e divenute scandalo per la chiesa. Nella disperazione , il demonio si insinua proprio in questo momento dirigendo l’anima là dove lui vuole , allontanandola da Dio mediante il peccato e il timore di Dio. I nostri peccati abituali offrono a Satana un facile mezzo per giungere a questo risultato. Lo scoraggiamento non deriva tanto dai nostri peccati ma dal nostro abbattimento e la nostra sfiducia.  Non dobbiamo scoraggiarci davanti al peccato qualunque esso sia , quindi riacquistiamo il coraggio, la speranza e la risoluzione.
Essere una buona serva di Dio vuol dire essere caritatevole con il prossimo , desiderare irremovibilmente di fare la volontà di Dio, avere l’umiltà e la semplicità di affidarsi totalmente a Lui per risollevarsi ogni qualvolta che si cade, sopportando le proprie miserie con pazienza e sopportare gli altri con le proprie imperfezioni.  La fragilità non è un male se abbiamo il coraggio di risollevarci e porre invece la nostra  fiducia in Dio. Dopo la caduta l’anima viene avvolta da un manto di tristezza e di confusione che schiaccia Dio precedentemente offeso con leggerezza apparendo ai nostri occhi Dio stesso come vendicatore. Bisogna invece accettare che se è vero che  il cammino per purificare l’anima è lungo e difficile è pur vero che tutto possiamo in colui che ci dà forza e che il cuore di Dio è sempre pronto a medicare le nostre ferite. Ed allora dopo aver peccato dobbiamo rivolgerci al padre con fiducia e umiltà dicendo:
Misericordia Signore perché sono malato
Quindi coraggio, ricominciamo sempre. Armiamoci di fede e camminiamo con fermezza sulla via di Dio e nulla potrà nuocerci. Accettiamo con umiltà di aver sbagliato e riconosciamo le nostre infermità chiedendo perdono e invocando l'aiuto dal cielo.
Le cadute gravi se non diventano un abitudine non solo non lascia traccia dopo il perono ma nemmeno impediscono all’anima di recuperare terreno già conquistato nella devozione, senza dubbio è un regresso ma l’assoluzione e la costrizione perfetta compensano questa perdita e riempiono questa lacuna. Se invece è rimasto per molto tempo immerso in questo stato di peccato la perdita sarà più  grave ma comunque sanabile. E’ necessario combattere tra  il timore e la speranza tenendo conto che la speranza deve essere sempre più forte considerando l’onnipotenza di Dio. E’ necessario vigilare per non cadere nell’orgoglio e nella superbia , nella disperazione e nello scoraggiamento
Dobbiamo profittare dei nostri peccati per umiliarci con la conoscenza della nostra miseria:  Non scoraggiamoci e nemmeno spaventiamoci dalle nostre cadute perché esse sono disposizioni indispensabili e salutari, questo profitto lo vedremo alla luce della Misericordia di Dio e alla grazia di Gesu’ Cristo che si serve delle nostre iniquità per la sua bontà e delle nostre fragilità per la nostra salvezza.
Sant’Agostino scrive ricordando San Paolo “ Tutto contribuisce al bene di quelli che amano Dio”, anche le cadute perché ci alziamo più umili, più vigilanti e più fervorosi. Questo è possibile perché Dio sa trarre il bene dal male infatti si trae tanto profitto dal disprezzo di se
San Francesco di Sales invece scrive “ Benedette imperfezioni che ci fanno conoscere la nostra miseria, ci esercitano l’umiltà, nel disprezzo di noi stessi, nella pazienza e nella diligenza. Dobbiamo mettere degli ostacoli alle nostre imperfezioni di un’avversione serena, guardarle con pazienza e usarle per trarre profitto attraverso un santo disprezzo di voi stessi.
La perfezione è il duplice sentimento della necessità dell’umiltà e delle difficoltà per raggiungerla. Questa virtù è la madre , la radice e il legame di tutti gli altri beni ma anche quando crediamo di aver raggiunto l’umiltà è proprio allora che cadiamo nell’orgoglio , radice di ogni peccato  che piu’ radicato dell’umiltà e cerca continuamente di soffocarla.
Non ci sono parole per esprimere la forza e l’astuzia di queto demonio della Superbia , ne’ l’ingegno e la varietà delle sue  trappole e vorrebbe con suo veleno infiammare tutte le nostre passioni dalle piu’ sante e le più indifferenti, i nostri segreti pensieri e le nostre intenzioni.
Contro questo demone , la superbia, nessuno è sufficientemente armato per abbatterlo.
La superbia è una stima, un amore disordinato del nostro proprio valore.
L’umiltà è invece la vera conoscenza e il volontario riconoscimento della nostra miseria. Questa conoscenza del nostro niente non deve turbarci ma deve renderci mansueti , umili piccoli davanti a Dio, è l’amor proprio a farci perdere la pazienza, vedendoci poveri e miserabili. Questo pero’ ci porta a benedire Dio e a non lamentarci.
La conoscenza del nostro niente non deve turbarci ma ci deve rendere umili, mansueti, piccoli davanti a Dio. IL buon pastore usa con le sue pecore 3 tipi di verga
1.      la verga della correzione ossia delle avversità
2.      la verga della prova ossia la tentazione
3.      la verga dell’indignazione che consiste nel permettere i peccati
sotto ciascuna verga l’uomo si vede costretto a riconoscere il suo niente e ad umiliarsi in modo particolare con l’ultima, perché in questa specialmente vede realmente la mia  miseria. Questa è tanto salutare che Dio non esita ad utilizzarla con i suoi migliori amici affinché’ impari da questa imperfezione che è imperfetto e quindi a non basarsi sulle proprie forze. Nostro Signore permette che in questi piccoli assalti abbiamo la peggio affinché ci umiliano e sappiamo che se abbiamo vinto alcune grandi tentazioni non è stato in virtù di un nostro sforzo ma dell’aiuto divino. Viviamo sempre vigilanti e rimaniamo fermi nell’umiltà e nella fedeltà a Dio. Nell’umiltà riconoscendo la nostra miseria e meschinità. E’ necessario sopportare la nostra imperfezione per ottenere la perfezione. L’umiltà si nutre di questa sofferenza. Sant’ Isidoro  e San Tommaso affermano che a volte per castigare la superbia Dio permette grandi cadute in peccati vergognosi, questi peccati sono meno gravi della superbia e la misericordia divina si serve di essi per spaventare, assoggettare e risvegliare l’anima orgogliosa. A Dio piacciono di più le azioni cattive associate all’umiltà che le opere buone infettate di superbia. Valgono di più i peccati con umiltà che l’innocenza con superbia. San Gregorio di Nicea dice che “ un carro pieno di  buone opere guidato dalla superbia conduce all’inferno, un carro pieno di peccato guidato dall’umiltà porta in Paradiso.  “Per seguire le orme dell’agnello”, scrive San Bernardo  “il peccatore che pende i sentimenti dell’umiltà fa un cammino più sicuro di colui che essendo vergine segue le vie della superbia, perché l’umiltà del primo lo purificherà dalle sue macchie mentre la superbia del secondo non può macchiare la sua purezza”. San Tommaso, a proposito della superbia scrive: “ La superbia è per sua natura il peggiore di tutti i peccati,   più gravi dell’infedeltà, la distrazione, l’omicidio e la lussuria  perchè causa la separazione con Dio.” Negli altri peccati l’uomo si allontana da Dio per ignoranza, per debolezza o per desiderio di un bene qualunque, la superbia invece separa l’uomo da Dio perché non vuole sottomettersi a lui e alla sua legge. La superbia è l’unico vizio che si oppone a Dio. E’ il più grave tra tutti i peccati perché li supera tutti in avversione a Dio, il che costituisce la sua malizia formale. L’umiltà è il cemento dell’edificio spirituale, perché Dio non edificherà mai se non nella grande fossa che sua grazia agli umili. Questa grazia ci inonda al nostro abbassamento e fa germogliare nel fondo del nostro riconosciuto niente il seme della vera santità, ormai al riparo degli assalti della superbia.  La riconoscenza a Dio è un frutto che la vista dei nostri peccati produce e fa germogliare. L’umiltà è essenzialmente il nulla dal quale siamo stati tratti.
L’ingratitudine è figlia della superbia: è un peccato generale che si stende su tuti gli altri e li rende infinitamente più grandi, questo vizio può essere combattuto più vittoriosamente che paragonando le nostre infedeltà alle inesauribili misericordie di un Dio infinitamente buono.
Guardiamo ciò che Dio ha fatto  con  noi e ciò che noi abbiamo fatto contro Dio.
Se avvertiamo una certa tentazione di vanità, l’infallibile rimedio è ricorrere alla considerazione delle nostre ingratitudini, imperfezioni e miserie poiché se vediamo che a quello che abbiamo fatto quando Dio non è stato in noi sapremo chiaramente ciò che facciamo quando ci allontaniamo da Dioe quando invece Dio è con noi. Dio permette che i depositari della sua autorità commettano il peccato affinché le cadute possano renderci benigni con i loro fratelli. Dio permise il peccato di Pietro, colonna della chiesa per insegnarci a trattare gli altri con misericordia, anche Elia cadde per permissione divina perché si rivestisse del mantello della carità e fosse indulgente come il Suo Signore.
Per sentirsi disgraziato bisogna prima provare su se stessi la disgrazia che gli altri stanno affrontando.
Dobbiamo profittare dei nostri peccati per amare la nostra miseria : Il più alto grado di umiltà non consiste solo nel riconoscere volontariamente la nostra miseria ma nell’amarla e nel compiacersi di essa. “L’umiltà non è  altro che un continua conoscenza del nostro niente e una continua gioia in mezzo a tutto ciò che ci procura un disprezzo di noi stessi” scriveva Santa Maddalena dei Pazzi
La luce su cui illuminano la nostra miseria non solo debbono farcela conoscere ma anche amare. La verità è che siamo miserabili e che senza i dono di Dio non siamo altro che niente e peccato. Le umiliazioni, come osserva San Bernardo sono la via indispensabile che bisogna seguire per giungere all’umiltà, un anima convinta come deve esserlo, della necessità di questa virtù , deve amare e cercare le umiliazioni come il viaggiatore che vuole arrivare alla sua meta , desidera e cerca il cammino che ad essa conduce.
Infine, la nostra miseria ci rende amabili, anche perché attira con più abbondanza su di noi , le Misericordie del cuore di Dio. Ciascuna delle nostre cadute sarà un gradino in più per aiutarci a scendere nella stima di noi stessi e nelle esigenze del nostro egoismo fino all’”ultimo posto” che ci spetta e dove disgraziatamente la nostra invincibile superbia ci farà stare ancora molto contro la volontà di colui che volle essere l’ultimo di tutti, l’obbrobrio degli uomini , l’abiezione della plebe. Grande sarà il profitto che trarremo dai nostri peccati , se ci faranno amare la nostra miseria, il nostro amabile Santo cercava sempre nell’umiltà il terremoto della santità, ammette senza difficoltà che utilizzando così le cadute, può stare al di sopra di sopra di un’altra meno propensa a cadere. Bisogna però non dare spazio all’inquietudine e all’impazienza. San Pietro fu eletto capo degli apostoli sebbene fosse soggetto a molte imperfezioni e le commetteva persino dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, ma nonostante questi peccati avevano sempre un grande animo e non lo stupivano perciò nostro Signore lo fece suo luogotenente e lo favorì più di tutti gli altri, in modo che nessuno avesse avuto ragione di dire che non meritava di essere innalzato più di San Giovanni o degli altri apostoli.  Sopportiamo la condizione di questa miserabile vita ma senza ansietà, né inquietudini e quando mancate di fedeltà umiliatevi senza scoraggiarvi. Questa  umiliazione e questo amore per la propria disistima con tranquillità e calma sarà più gradito a Dio delle nostre pignole fedeltà. Quando non sappiamo discernere dal male e dal bene e dubitiamo se abbiamo offeso Dio iniziamo a pregare  e chiediamo con umiltà l’aiuto di Dio per illuminare le nostre vie e saperci comportare la prossima volta e dimenticando totalmente ciò che è successo, tornando al nostro lavoro ordinario.  L’essere stato sgradito a Dio con l’infedeltà alla sua grazia è cosa che mi dà molta pena, ma mi rallegro dell’umiliazione e accetto riconoscente perché in questo io posso vedere la mia miseria. La nostra miseria merita che  l’amiamo perché ci obbliga a rendere omaggio al verbo fatto carne, rendendolo ancora più amabile. I nostri peccati non debbono mai gettarci nella disperazione ma devono essere accompagnati dalla fiducia nella bontà divina.  Dio non può fare a meno di amarci perché lui è amore, amarci ne rappresenta per lui una necessità. E’ pur vero che il peccato    abbonda ovunque portando complicazioni, problemi, complicazioni , solleva ostacoli ma Dio è sopra tutto. Il peccato si oppone a Dio perché lo offende ma non lo cambia mai. Dio modifica i suoi atti ma non la sua essenza. Difronte al nostro niente, la sua bontà si trasforma in amore e di fronte al peccato il Suo amore si trasforma in Misericordia se solo però il peccatore crede e spera in Dio. La Misericordia di Dio si commuove più per questa che per tutte le altre disgrazie che potrebbero ferirci. La Misericordia di Dio non è altro che la Sua bontà, ossia l’essenza stessa di Dio nei suoi rapporti con la miseria della sua creatura, ogni nostri peccati può diventare un occasione nuovo perché si manifesti questo attributo divino.
“Beati i misericordiosi!”, beato soprattutto colui che è l’unico ad avere il diritto di essere chiamato buono. Rivolgiamoci a nostro Papino dicendogli: “Mi perdonerete Signore e cancellerete i miei peccati  per glorificare la vostra perfezione, la moltitudine dei miei crimini mi fa sperare nel Tuo perdono perché quanto più numerosi sono  i miei peccati tanto più sarò grata della Sua misericordia”. Dio ci ha insegnato a non lasciarci vincere dal male ma a vincere il male col bene e non restituire male su male né maledizione per maledizioni, a colmare di benefici i nostri nemici e accumulare carboni ardenti sulle loro teste.
L’infinita santità di Dio ha lo scopo di uccidere il peccato, sterminarlo totalmente L’odio divino si rivolge contro il peccato. Dio separa il peccato dal peccatore. Gesu’ è venuto a liberarci dalla malattia del peccato perche’ sapeva che siamo malati e che abbiamo bisogno del medico.
Il cuore di Gesù è il trono della misericordia , dove i migliori ricevitori sono i miserabili qualora l’amore li accompagni nell’abissi delle loro miserie.  Santa Margherita Maria ripete spesso:“Quando commettete peccati non vi turbate per questo, perché questa inquietudine e l’eccessiva sollecitudine allontana Dio  dalle nostre anime e cacciano Gesù Cristo dal nostro cuore chiedendogli perdono preghiamo il suo sacro cuore di riparare per noi  e di restituirci alla grazia della sua divina Maestà” continua dicendo “parlate allora con fiducia all’amabilissimo cuore di Gesu’ . Pregate per il vostro povero schiavo e riparate il male che ho appena fatto. Trasformatelo in gloria vostra e in edificazione del prossimo e salvezza della mia anima”. I nostri peccati ci servono molto per umiliarci e renderci conto di cio’ che siamo.
Dopo esserci umiliati ricominciate ad essere fedeli e sperare nella Divina Misericordia che è superiore ad ogni male. Anche se ogni volta che respiriamo cadessimo in peccato, se altrettante volte tornassimo a Dio per ricominciare le nostre cadute non ci danneggerebbero. Il Signore guarda meno i peccati che i vantaggi che ne traiamo, se li usiamo per umiliarci davanti a Lui e farci piccoli e miti, allora non ci danneggiano affatto, né indeboliscono la sua volontà nei nostri confronti. Conoscere i propri peccati è una grazia molto grande per un anima , questa conoscenza le fa scoprire la bontà di Dio e il prezzo dei meriti del divino Salvatore.
Fine prima parte
            Tratto da  dell’Arte di trarre profitto dai nostri peccati  di Joseph Tissot                                                                                                                                                                

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