lunedì 6 settembre 2021

Padre

 


 

Chi ha avuto bambini può rievocare il ricordo di aver lanciato in aria il proprio figlio e con le braccia tese verso di lui era pronto subito a riprenderlo, e chi di noi non ricorda quel sorriso carico di fiducia del bimbo divertito al gioco del Padre. Egli rappresenta per la propria prode la roccia, la sicura difesa, il rifugio ma, crescendo questa immagine col tempo cambia , forse a causa di traumi, magari a causa di un padre Padrone, un padre violento, o a causa della separazione dei genitori, ma queste o tante altre esperienze hanno portato i figli ad allontanarsi dalla genitorialità ed ovviamente in tutte le esperienze di cui si parla di familiari mentalmente riaffiorano i ricordi e si riaccende quel rancore , molti sono coloro che preferiscono fare a meno di loro pur di non fare i conti anche col proprio vissuto. E’ difficile fidarsi di un Padre celeste se nel nostro passato abbiamo queste esperienza di ferita ancora non guarita, allora forse dovremmo un po’ metterci con umiltà alla ricerca della giusta immagine di cio’ che si intende col termine

Padre”

ed accettare che il padre naturale sbaglia perché non è perfetto nell’amore, ma che Dio Padre è l’unico capace di amarci di un amore totale, capace di superare ogni idolo dell’Immagine, dei soldi, del potere, un amore mai paragonabile a quello umano. Un Dio- Padre che ci ha amati totalmente da accettare anche 5480 colpi di frusta, percosse ed è morto in croce per no la nostra libertà. Un Padre che ci ha creati come a lui piaceva, e che conosce i nostri pregi e difetti perché così ci ha sognati, ci ha voluti, e che da risorto ci segue, scommette su noi e interviene ancora oggi, vuole che lo mettiamo al primo posto perché possiamo essere felici, è un Dio attento che sa’ anche quanti sono i capelli del nostro capo e ci promette di prendersi cura di noi anche se nostra madre si dovesse dimenticare.

 Nell’antichità il termine Padre era usato nella religione indiane per indicare il cielo, e la madre era indicata come sinonimo di terra. Platone invece sosteneva che il termine Padre, si intendeva ogni fonte di bene, per cui il padre era sinonimo di fecondità e bontà. Noi crediamo in un Dio che opera, che agisce nella vita dei suoi figli e che continua ancora oggi a rivelarsi se solo viene accolto, chi Lo accetta ha la certezza di cio’ che crede perché alla fede viene incontro la ragione anche se non puo’ essere compreso tutto.

Per conoscere Dio è necessario percorrere tre vie

 1. la via del cuore raggiungibile con la contemplazione per cui io sento,

 2. la via della ragione per cui poter dire io so’ e

 3. la via della fede per cui poter dire io credo.

 La fede che mi induce a camminare e a conoscere questo Padre che mi è rivelato dalla Bibbia, dall’esperienza di altri attraverso la stoltezza della sola parola In cielo abbiamo un padre che ci ama, e che attraverso Gesù ha strappato il debito tra Dio e l’umanità dandoci l’ingresso della salvezza Eterna e attraverso di lui possiamo rivolgerci a Dio chiamandolo Abba, papino, possiamo accoglierlo, cercarlo, chiamarlo, relazionarci a lui. Se lo accettiamo come Padre entrambi abbiamo acquisito un’identità, se accetto che sia mio Padre, obbedirò solo alla Tua volontà e non sarò alla merce’ delle opinioni degli altri e nulla più mi accuserà, sarai mio padre in vita e nella morte, se tu sei il mio centro vitale, cambierò modo di pormi ed anziché chiedermi il perché dirò tu sai. Potrò chiamarti Padre nostro ed avere una comunità di fratelli, non attribuirò più al me stesso i meriti ma riconoscerò che sei tu che permetti che io li abbia, con dacci il nostro pane quotidiano mi affiderò con coraggio alle avversità, la mia giornata non sarà un caso ma una continua segnaletica del tuo amore verso la direzione che vuoi che io faccia. Non avrò paura di ciò che accadrà perché sono certo che provvederai a me qualsiasi cosa accada, qualsiasi calamità o avversità saremo insieme perché la tua sapienza mi aiuterà a trasformare il male per me in bene.

Sarò tuo figlio, perché tu mi hai dato il dono della vita, in te solo conosco la verità, il dono dell’amore autentico, il dono della casa, quel rifugio, quella intimità, quella stabilità , quella dimora eterna, in ogni momento posso andare nell’altra riva e dire Padre mio, Dio mio, perché ti sei rivelato a me come al popolo di Israele e attraverso la bibbia ognuno di noi può conoscersi e rivedere in se stesso un Giacobbe che attraverso la dura lotta notturna diventa Israele – Un Dio che si identifica camminando con noi, seguendoci allora, come oggi, con rispetto, discrezione e benevolenza, che usa fatti concreti, e attraverso Abramo, Mose’ ci rivela che il suo nome e’ Javhe .

Jahve significa Io sono colui che è cioè colui che esiste, l’essere creatore, cioè colui che dona l’esistenza alle creature, L’unico degno di fede e obbedienza, l’unico capace di ascoltarti, di esserci sempre disponibile, sempre presente, benefico, è aiuto e sostegno, un punto di riferimento sicuro che non muta col passar del tempo, una presenza continua di salvezza per chi accetta questa Sua presenza. Un Dio incapace di imperfezioni e limiti ma un Padre 3 volte Santo ossia infinitamente Santo. In Abramo fissa la Sua discendenza. Sul Sinai conclude con lui un'Alleanza, in questi termini precisi: Israele, io - ti offro: aiuto, sostegno, protezione, una terra, una discendenza, e delle indicazioni per essere felice (i Comandamenti); ti chiedo: riconoscimento del mio ruolo, obbedienza, fedeltà, osservanza della Legge, astensione da ogni mescolanza con inconsistenti divinità straniere, fiducia e collaborazione.

Se sarai fedele, avrai prosperità e sarai felice. È un’alleanza che impegna Lui ma anche noi nonostante la storia ci mostri le nostre infedeltà, lui è sempre stato fedele, ci ha sempre amato perdonato con profonda bontà, i profeti Osea, Geremia, Isaia narrano di Dio come uno sposo capace di fedeltà e di quell’amorevole e indissolubile tenerezza, tradire questo amore è peccato sia di Idolatria che di Adulterio. Il popolo di Israele di cui noi oggi siamo la prosecuzione e’ un popolo che Dio ha scelto, non è un frutto di una generazione ma di una elezione. E’ Padre, generatore di vita di un popolo che ama e che insegna a camminare tenendolo per mano di generazione in generazione.

Ad Abramo il Signore disse:                  “ Vattene dalla tua terra,

dalla tua parentela e dalla casa di tuo Padre,

verso la terra che io ti indicherò.

Farò di te una grande nazione e ti benedirò

 Il Signore ci chiede di seguirlo e di amarlo più di ogni altra cosa o persona. Lui è padre ma anche madre che consola, sicura speranza e rifugio, pieno di sentimenti di bontà, tenerezza, pazienza, comprensione e perdono, una madre che rasserena. Il compimento delle Sacre scritture lo vediamo nel nuovo testamento. Nell’Antico è nascosto il Nuovo e nel nuovo si rende Palese l’Antico. Il nuovo testamento rivela l’amore di Gesù pronto a morire per offrirci la vita, ecco dove arriva l’amore di un padre a mettersi da parte per il bene di un figlio. un padre che nulla vuole se non che il figlio non venga privato della libertà. Dio si è manifestato in Gesù per   dimostraci il Suo amore totale e incondizionato verso noi, con lui non siamo più schiavi obbedienti di una legge per timore, ma viviamo nell’amore di figli potendo guardare serenamente i nostri errori certi della misericordia di un Padre che ci viene incontro ad asciugare le lacrime dettate dal nostro errore. Il volto del Padre è reso visibile in Gesù Cristo. Nel battesimo di Gesù possiamo vedere la Santissima trinità: il Verbo(Dio), che si fa carne in Gesù Cristo e ciò che li unisce è l’amore tra il Padre e il Figlio cioè lo Spirito Santo. Più conosciamo Gesù e la Sua sapienza e più conosciamo l’amore che il Padre nutre per ognuno di noi, e nella gratitudine che questo sentimento di amore conosce il suo apice, Nel figlio diventiamo figli adottivi di un padre che ci ha amato fino a rendere in Lui visibile il riscatto per la vita eterna ecco perché’ anche noi possiamo rivolgerci a lui riconoscendoci fratelli e chiamandolo Padre nostro o con la stessa tenerezza che un bimbo ebreo chiama il suo Papino (Abbà). Questo amore eleva la nostra natura da una condizione limitata ad una vita superiore, divina. Ci rende una sola cosa con Gesù, ci genera di nuovo, ci fa figli suoi, ci rende partecipi della sua vita divina. Quando nasciamo siamo sue creature perché’ nel seme generato è Dio che ci dà la vita ma ci rispetta così tanto da darci la libertà di entrare a far parte della sua famiglia attraverso la seconda rigenerazione che abbiamo con l’adesione al battesimo. Saremo sempre figli dei nostri genitori ed insieme creature di Dio, perché è Dio che ci apre i cieli cioè a quell’anima intelligente che ci permette di comprendere le cose soprannaturali. L’uomo sin dalla nascita conserva una grande dignità ma col Battesimo ci immergiamo in una vita rigenerativa, non è voluta dal volere di uomo, né da sangue, né da carne, né è imposta a nessuno ma è liberamente offerta e ci immerge nel mistero della morte e resurrezione di Cristo Salvatore e opera quella realtà, per la quale diventiamo fratelli, colmano la distanza tra l’essere finito e l’essere infinito. Nella realtà sensibile è difficile passare da ciò che è visibile a ciò che invisibili ecco perché la Chiesa quale Regno di Dio, racchiude realtà divine, basti pensare all’Eucarestia cosa c’è di più umile di un pezzetto di ostia, segno della presenza del Corpo di Gesù eppure nella nostra realtà fragile e mortale possediamo questa immortalità che vedremo più chiaramente nella massima rivelazione ossia nella via eterna. Il Padre fa di noi dei figli. Nati da un padre e da una madre che ci hanno trasmesso le realtà terrene, nel Battesimo siamo rinati a figli delle realtà celesti.  Ora siamo come un feto immaturo, a mezza strada:

 - fra il passato e il futuro, -

 fra le cose che vediamo e quelle che non vediamo, -

 fra il bene e il male, -

 fra il rischio di accogliere il dono divino o di rifiutarlo, in una lotta perenne con le nostre cattive tendenze e con l'azione di Satana che ci ostacola, con ogni mezzo, nel nostro cammino incontro alla piena e perfetta figliolanza divina. Non siamo in una posizione né facile né comoda, e per questo soffriamo: - di incompletezza, perché non abbiamo ancora la maturità definitiva; di cecità, perché siamo chiusi nelle cose, non vediamo ancora con chiarezza; di nostalgia, perché abbiamo già nelle vene il sangue di Dio e siamo costretti a sopportare il sangue turbolento e malato di uomini.'

L'UNICO PROGETTO DEL PADRE è Farci suoi figli in senso morale, cioè nel senso di una maturità che ci porta a essere figli in senso completo. La nostra storia terrena non è che la storia della nostra gestazione come figli di Dio. Siamo come il feto nel seno della mamma. Noi amiamo il ventre della mamma, ma ne siamo usciti appena abbiamo potuto. Non basta essere concepiti: bisogna uscire dal seno materno, crescere, svilupparsi in piena autonomia personale. Il cosmo e la storia sono come il seno immenso e molteplice dove si compie questa nostra gestazione, e tutto è predisposto per questo. E se l'unico progetto divino è quello di farci pienamente figli, è bello pensare alla presenza di un Padre che lavora per noi e con noi per realizzare il suo progetto. Il progetto non è finito ed il lavoro non è ancora compiuto: se fosse finito, sarebbe già la fine del mondo! E infatti "tutta la creazione, anelando alla gloriosa manifestazione dei figli di Dio, geme e soffre nei dolori del parto" (cf. Rm 8, 19-22). Chi vive nella fede, è consapevole di stare realizzando in se stesso un piano superiore e a lieto fine. - Sa di dover andare oltre le realtà contingenti e sensibili. - Sa che il meglio per lui è nel futuro. Sa che il domani sarà meglio dell'oggi. - Sa che il Padre lo sta attirando, attraverso vie misteriose e spesso dolorose, verso una maturità che sarà piena solo quando riuscirà a vivere totalmente la sua realtà di figlio. E quando, divenuto pienamente figlio, lascerà questa terra nella quale è stato generato, potrà dire con entusiasmo: finalmente! Finalmente sono giunto a casa, da mio Padre!

Soffermiamoci per un istante a guardare un girasole



Il termine girasole proviene dal termine composto di helianthus ossia helios e athos ossia significa “fiore sole” infatti al mattino i suoi fiori sono rivolti a est, il punto cardinale da cui sorge il Sole, durante il giorno si muovono seguendone il tracciato nel cielo e al tramonto sono rivolti a ovest; nel corso della notte ritornano nella posizione iniziale. Come sia possibile che i girasoli riescano a muoversi seguendo il sole pur non avendo muscoli e come mai smettano di farlo una volta aver finito di crescere rimane un mistero ed in questo fiore che si muove attraverso la luce possiamo scorgere il cristiano sempre attento a cercare il Padre e diventare il Suo vero capolavoro riconoscendo che nulla posso se non in colui che mi dà forza. Dio ci dona la provvidenza ossia efficace sostegno che il Padre dona all’uomo per raggiungere lo scopo per cui è stato creato. A livello cosmico la provvidenza viene esercitata dai fenomeni atmosferici. Gesù nel Vangelo ci insegna a fidarci di questa provvidenza, con parole semplici e comprensibili, partendo dalla considerazione di ciò che tutti vedono e sentono. Egli conosce i problemi della gente comune in mezzo alla quale vive, e che è in continuo assillo: per il cibo, per le bevande, per il vestito, per la sofferenza personale e familiare, per le miserie fisiche della vecchiaia, per la morte, per le ingiustizie a tutti i livelli... Gesù conduce la sua vita terrena in mezzo a persone inquiete, preoccupate, ribelli, polemiche, protese al raggiungimento di un futuro migliore. Ed è continuamente interpellato e contestato. Come si comporta? Con un atteggiamento di grande fiducia e di pieno abbandono alla volontà del Padre. Gesù è forte e sereno perché è consapevole di fare la volontà del Padre e perché è certo che nulla gli può accadere senza che lo sappia Lui! Poi dice: avete problemi? siete preoccupati per il futuro? volete spiegazioni? Non cercate risposte o soluzioni, ma semplicemente: guardate! Guardate come il Padre si comporta con gli esseri più umili e insignificanti, e state certi che farà altrettanto con voi, che valete ben più di loro! Di conseguenza: - niente paura: a voi pensa il Padre!; - vivete alla giornata: basta a ciascun giorno il suo affanno!; - non fate confronti: sforzatevi di amare i nemici, perché anch'essi sono amati e assistiti dal Padre!; - preoccupatevi di cercare come prima cosa il regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta! La Provvidenza quindi, secondo Gesù, non la si insegna, ma la si vede nel tessuto ordinario e straordinario delle cose che sono disegnate dalla mano sapiente e amorevole del Padre. È un disegno di amore che solo chi ha l'occhio puro e il cuore buono riesce a capire! La provvidenza è l’aiuto che il Padre dona ad ogni uomo per aiutarlo a raggiungere lo scopo che Egli ha fissato per lui, ci invita a collaborare per raggiungere le sue vie per poterlo incontrare.  Egli chiede di più a coloro che lo seguono perché possano attingere la forza in Lui, non è un’ingiustizia ma un modo per fidelizzarci e rimanere sempre in lui infatti San Paolo scrive Perché non montassi in superbia mi è stata messa una spina nella carne, pregai e ad un certo punto mi disse “Ti basta la mia grazia, la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza. La storia dell’antico popolo di Dio si può definire una peculiare esperienza della misericordia di Dio, a livello individuale e sociale. Nonostante i solenni giuramenti, le tante promesse i vicendevoli sacrifici il popolo dell’alleanza è stato sempre un popolo infedele, il braccio di Dio non si è mai ritirato dimostrandosi sempre ricco di comprensione e compassione e perdono. Padre ricco di misericordia, pieno di tenerezza e di grazia, lento all’ira ma grande nell’amore. Per quanto grande sia il peccato, la misericordia divina lo supera infinitamente. Gesù e la vera incarnazione della misericordia manifestando il suo amore per i piccoli e per i poveri, per gli ammalati e per gli esclusi, aprendosi alla sofferenza dei fratelli, con la vita e le parole ha dimostrato che Dio è un padre che ha cura dei suoi figli. Il Perdono per Gesù è una festa, Dio si rallegra della pecorella ritrovata piu’ che delle pecorelle rimaste nel recinto.

 Nella parabola del padre misericordioso è racchiuso tutto il messaggio evangelico della misericordia del perdono e dell’accoglienza lo vediamo insieme È la parabola che, esprime il termine in modo estremamente chiaro –

 Inizia col dramma del figlio che abbandona il padre (cf. Le 15, 12-19);

1. Voglio andarmene di casa! un figlio che ha la fortuna di avere una casa e un padre, e quindi ciò che di meglio si possa desiderare, ma che decide di andare, forse suggestionato e traviato dagli amici. Vuole lasciare la sua casa, per essere pienamente libero senza controllo alcuno; perché vuole divertirsi senza alcun freno; perché vuole disporre dei beni "che gli spettano" senza dover rendere conto a nessuno; perché non può più sopportare l'ambiente di casa! Il padre lo guarda angosciato, ma non lo maledice, non lo maltratta, e neppure gli impedisce con la forza di realizzare il suo folle disegno. Soffre in silenzio e piange lacrime amare! L'amore è tolleranza, resistenza, pazienza infinita. Dio è tutto questo... e non per un solo figlio insensato, ma per ogni uomo che decide di voltargli le spalle.

2. Il figlio non si lascia commuovere e mette in atto la sua decisione; "parte per un paese lontano e là sperpera, le sue ricchezze, vivendo da dissoluto". È inizialmente "felice", perché ha raggiunto il suo scopo. 3. Scoppia il dramma. Il denaro finisce, gli amici si dileguano, e si profila la disperazione. Avviene l'inevitabile: la fame, la solitudine, il tradimento dei compagni di baldoria, il disastro! - Lui, l'indipendente che rifiutava il padre, è obbligato a guadagnarsi il pane; - Lui, non abituato a "contare i soldi", deve umiliarsi a fare il garzone; Lui, il sensuale, il gaudente, lo sprecone, vorrebbe saziarsi con il cibo per i porci, ma non gli è concesso. Dio conduce dolcemente l'errante a "toccare con mano" la sua povertà e lo fa con infinita pazienza, rispettando i tempi e la libertà di ciascuno.

4. Incominciano i ripensamenti e i pentimenti. "Ma come posso continuare a vivere così? Non ho più mezzi per tirare avanti e non ho più alcuna dignità per presentarmi a nessuno!... Com'era bella la mia casa! Come mi sentivo amato, rispettato, servito!... Quanta nostalgia, quanto rimpianto!". affiora un pensiero di speranza, anzi una certezza: "tutti mi hanno abbandonato, tutti mi possono abbandonare... ma mio padre no! Non è possibile che lui mi abbia dimenticato! Non è possibile che lui non mi aspetti ancora!... Io l'ho tradito e abbandonato, ma lui non può tradirmi o abbandonarmi! Non è possibile... perché lui è mio padre!" L'amore di Dio, creativo e inesauribile, aiuta a riflettere e a prendere decisioni fino ad allora impensabili!

5. Decide di tornare a casa! La decisione avviene dopo molti ripensamenti ed è determinata dalla nostalgia di casa e dalla certezza di ritrovarvi un padre buono, accondiscendente, comprensivo oltre ogni limite. È umiliante ripercorrere quella strada che ha conosciuto la sua fuga! Mille timori lo assalgono: mio padre riconoscerà in questa larva di uomo suo figlio? Mi accoglierà, mi aprirà la porta (almeno quella di servizio!)? Mi perdonerà? Eccolo: è già sulla porta! Lo attende l'esperienza di un perdono che non avrebbe mai potuto immaginare! Il perdono, nel cuore del Padre celeste, è presente fin dall'inizio di ogni traviamento,ma non può raggiungere il figlio se questi non decide, in piena libertà, di ritornare a casa!

 6. Il padre lo attende con impazienza. Il padre non ha mai perduto la speranza! Era sicuro che le tristi esperienze della lontananza lo avrebbero maturato! E’ commosso, gli corre incontro e lo bacia". Nulla si frappone a questo abbraccio tanto atteso! Nulla di più bello di questo bacio tanto amorevole! Dio è sempre in attesa del peccatore. Conta i passi del suo ritorno. E quando arriva, non si comporta come un papà offeso e ferito, desideroso di rivalsa, e non è vendicativo, perché ama soltanto. Il peccato ha già in sé la sua punizione; perché infierire ancora? Il padre bacia il figlio: il bacio è il segno del perdono pieno, soprattutto se scambiato in silenzio, senza disturbare l'intima e traboccante effusione del cuore!

7. Il figlio si confessa: "Padre, ho peccato contro il Cielo e contro dite...". Mette Dio prima del Padre! Ha già capito che il tradimento nei confronti del padre è una cosa orribile davanti a Dio! Non si sente degno davanti al Padre celeste e a quello terreno.

 8. Il padre lo perdona senza esitazione e senza attese. Non vuol perdere tempo! Vuole fare festa! Vuole rivestire il figlio degli abiti belli, degli abiti festivi. Vuole gli abiti della Pasqua, quello delle nozze. Vuole una festa bella, ricca, con la presenza di tutti i componenti della famiglia. Occorre che tutto sia come prima, figlio come prima, erede come prima, responsabile come prima. È un padre impazzito per la felicità, come il protagonista della Parabola parallela del pastore che ha ritrovato la pecora smarrita. È pazzo di gioia perché "ci sarà più festa in cielo per un peccatore pentito che per novantanove giusti"

. 9. Incominciano a far festa. È una festa grande, anche se rattristata dal rifiuto del fratello maggiore. La festa è tanto più sentita quanto meno immaginata prima: chi poteva pensarla? È la festa della vita: il figlio era morto ed è tornato in vita. È la festa del grande ritorno: era perduto ed è stato ritrovato. Era morto, dato per morto da tutti. Ma non per il cuore del Padre, che non si dava pace per lui e lo inseguiva, con coraggio e con fiducia. Dio, nonostante tutto, è il Padre insostituibile e l'amico fedele. Nella parabola del Padre è celebrata la vittoria dell'amore misericordioso. La vittoria di un Padre che è anche Madre, perché, ovviamente, quella figura è onnicomprensiva di un infinito amore paterno e materno insieme. Scrive il Card. Biffi: «il Padre è l'unico che resta alla fine. Prima vogliamo provare tutto, ci rivolgiamo a tutti, tentando di sfuggirgli in qualche modo; poi cadiamo fra le sue braccia... Lo lasciamo per ultimo, perché possediamo la certezza di ritrovarlo, quando ogni altra speranza sarà andata in fumo». Urge però rispondere ad una domanda che sorge spontanea se Dio è tutto ciò che c’è di bene e di provvidenziale perché esiste la sofferenza? Se Dio ci è vicino perché la nostra percezione lo fa sentire così assente, lontano ed indifferente? Nella sofferenza narrata in Giobbe interviene Dio affermando che l’uomo non ha diritto di chiedergli il perché dei mali che lo colpiscono e con umiltà Giobbe accetta senza comprendere a pieno, in Tobia invece troviamo una risposta velata “perché era giusto era necessario che subisse grandi prove “ma è con Gesù che il mistero viene ad assumere una sua luce piena e convincente. È Lui a rivelarci l'infinito amore del Padre che proprio nella sofferenza e attraverso la sofferenza, realizza i suoi progetti. Gesù sana ogni tipo di infermità attraverso il rispetto, la disponibilità, con accoglienza, e amore, attraverso i suoi miracoli dimostra di essere venuto per salvare gli uomini ma non per guarirli perché la salute fisica può entrare nel piano della salvezza globale dell’uomo ma resta un aspetto limitato e transitorio. Gesù si presenta come cura che aiuta il sofferente a comprendere il significato e il valore del dolore e sollevarlo dalla croce che porta, dà senso alla sofferenza valorizzandola, proprio come lui, noi non siamo sottratti alla Croce fisica o morale e, come noi fu tentato , messo alla prova, addolorato e tribolato ma vinse il mondo nella visione della vita eterna ed in questa prospettiva che abbiamo la nostra consolazione e se vero che nel nostro obbiettivo troviamo già un senso è anche vero che come dice il Manzoni “Dio non turba mai la gioia dei suoi figli se non per procurarne loro una più certa e più grande” . Sul piano soprannaturale ogni battezzato ha in sé la grazia di Dio, tutti devono offrire il loro contributo di amore e di sofferenza per completare con la propria sofferenza la passione di Cristo rendendo perfetto e maturo l’intero corpo che è la Chiesa. Sul piano Naturale invece la sofferenza dell’individuo conduce alla scoperta di noi stessi; ci matura; affina ed eleva lo spirito; abilita alla comprensione degli altri; espia i nostri errori e peccati; è il messaggero e l'alleato di Dio. Il dolore dell’uomo in questa terra è anche denominato “beatitudini naturali” che ci aiutano a capire la razionalità e l’utilità del dolore e ritrovare sé stessi, la propria umanità, la propria dignità per offrirla al Padre. Gesù prega sempre e offre tutto al Padre, spesso si ritira in disparte ed in solitudine per pregare, così come si affida prima di compiere azioni salvifiche nel momento della sua missione, prega a voce alta per chiedere o per ringraziarlo, usa brevi preghiere o espressioni dei Salmi dimostrando di essere in stretta comunione col Padre ed accompagna la preghiera a gesti significativi: riconciliati col fratello, prima di presentare la tua offerta (cf. Mt 5, 23-24); ama i nemici e prega per i tuoi persecutori (cf. Mt 5, 44-45); prega il Padre "nel segreto", senza sprecare parole (cf. Mt 6, 6-7); perdona dal profondo del cuore (cf. Mt 6, 14-15); purifica il tuo cuore, nella ricerca del Regno (cf. Mt 6, 21. 25.33). «Questa conversione è orientata al Padre: è filiale». Il cuore, deciso a convertirsi, incomincia a pregare con adesione filiale a Dio e ciò diventa possibile perché lui diventa la nostra Porta dove poter bussare ed ottenere l’accesso alla piena adesione alla volontà divina affinché possiamo attraverso lo Spirito di Verità raggiungere la gioia piena. L’importanza della preghiera la ritroviamo nell’amico inopportuno (cf. Le lì, 5-13), che insegna l’insistenza con cui dobbiamo pregare. A chi prega così il Padre assicura di dare "tutto ciò di cui ha bisogno", e specialmente "il dono dello Spirito Santo". La vedova inopportuna, ci insegna la pazienza della fede, anche quando essa sembra inascoltata e inutile (cf. Le 18, 1-8). Il fariseo e il pubblicano, insegna l'umiltà del cuore, che spesso porta l'orante a dire: "O Dio, abbi pietà di me" (cf. Le 18, 9-14). Ogni richiesta espressa al padre con fede e perseveranza sarà esaudita (Quale padre tra voi se il figlio gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono» (Le 11, 9-13).  Se Ciò che desideriamo non ci viene accordato sarà perché la richiesta è immatura o non è per il nostro vero bene. La preghiera invece è: - un chiedere al Padre l'aiuto per corrispondere con amore al suo piano provvidenziale su di noi: "sia fatta la tua volontà e non la mia" (cf. Me 14, 36); - un uniformarci intimamente alla volontà divina; con una collaborazione rispettosa verso la sua decisione di volerci salvare e aiutare anche in dipendenza della preghiera. Dio ha voluto far dipendere la realizzazione di determinate cose dal nostro desiderio e quindi dalla nostra preghiera. Ed è per questo che lo Spirito Santo prega in noi, suggerendoci ciò che è meglio chiedere per il nostro vero bene. La preghiera diventa così una risposta alla grazia divina: preghiamo perché Dio ci dà la grazia di pregare! Con essa diventiamo corresponsabili del Progetto del Padre che ci vuole protagonisti liberi e attivi. È un progetto: - che onora Dio, e non delude i suoi diritti; che onora noi, che ci adeguiamo liberamente con la preghiera ai suoi voleri. Il "Padre nostro" è così "la Preghiera dei figli di Dio"; la preghiera di coloro che, nel Figlio e col Figlio, hanno un audace, confidenziale, gioioso, filiale rapporto, sostenuto dalla certezza di essere amati. Tutto è stato detto fin qui per illustrare la mia identità: sono il tuo Creatore e il tuo Signore, ma soprattutto sono tuo Padre. E mi piacerebbe parlarti cosi:

Caro Figlio/a,

sono il tuo creatore e il tuo Signore ma soprattutto sono tuo Padre, avvicinati e chiamami, non avere paura di me, ti conosco più di quanto tu possa conoscere te stesso, sono tuo Padre e ho creato io te , così come sei perché ti volevo come sei e ti amo con un amore tenero, dolce, attento, misericordioso, forte …. Se solo sapessi l’intensità del mio amore per te, non avresti paura e non paragoneresti a nessun amore che tu conosci ma con estrema fiducia ti getteresti perdutamente in questo amore e non ti allontaneresti da me, cercami…. Nel segreto della tua camera, nell’intimità del tuo cuore. Fai tacere le voci dispersive dell’orgoglio, della ribellione, dell’aggressività, degli affanni indebiti, dagli sterili svaghi, da ogni superficialità e concentrati sulla parola Padre. Ripeti gustando il nome “Padre” “Padre mio, Dio Mio, ” Apri la bibbia e leggi di me, leggi cosa ti dico attraverso le parole scritte, se presti attenzione sono attuali oggi come allora, 365 volte ti dico non temere, sono morto per darti la vita e ti seguo da quassù, intervengo nella tua vita perché il tuo bene mi è caro, Parlami come se ti fossi accanto, raccontami la tua giornata , parlami dei tuoi progetti, ho bisogno di ascoltare la tua voce, Non aver paura del tuo passato, qualunque esso sia , qualsiasi cosa sia successo lo ripareremo insieme, io sono qui e vorrei solo che tu mi lasciassi entrare . Accettami , cercami nel silenzio, nella preghiera, nel confessione, tutto sarà più chiaro se ti affidi alla mia bontà e alla mia misericordia, attraverso la provvidenza nel bisogno sperimenti oggi e sperimenterai domani la mia presenza , Il Vangelo ti testimonia la mia presenza provvidenziale e ti assicura che mai ti mancherà se starai con me, Interpellami nel dolore e non lasciare che la disperazione ti allontani da me seppur nella prova e nella salita rimani con me, nulla è più prezioso nella tua vita della sofferenza accettata con umiltà, pazienza e offerta per amore, non escludermi in quel momento, nulla avviene per caso, anche quel momento di prova è voluta da me o permessa solo per il tuo bene, questa prova è per renderti partecipe della Croce di mio figlio Gesù , impersonati nella figura del Cireneo che per un tratto mi aiuta a portare la croce, offrimi quella sofferenza come partecipazione ai miei patimenti ,ogni croce è proporzionata al peso che poi portare, chi soffre con me vince chi mi rifiuta è solo da compiangere, non chiedermi il perché della croce, ma fai un atto di affidamento dicendomi : “Padre tu sai” e cadrà la pace in te. Non aver paura della morte, sarò io ad accoglierti con un immenso amore e ti porterò presso la tua dimora e finalmente ti sarà chiaro il mio amore per te e tutto ciò che hai vissuto avrà un senso, per questo momento sei stato creato, in vista di questo avrai sofferto, avrai combattuto. Pensa al nostro incontro nella luce, vivi guardando questa gioia senza fine. Accetta con fede e senza pretese ciò che accade in vista del dopo. Fidati sarà più semplice di quello che immagini. Accetta questo amore, la pace e i doni che ne susseguiranno Non fanno così i Padri? Sei mio figlio ed in quanto tale sei oggetto del mio amore personale, non sei venuto al mondo per caso, ma sei un granellino unico e insostituibile del mio capolavoro. Da te, piccolo tassello dipende la riuscita della salvezza e la felicità dell’intero universo, ti chiedo solo di partecipare a questo progetto con fiducia e amore, una pietra viva della grande “cattedrale” Non c’è al mondo una persona come te, sei unica e irripetibile… accettati con gioia, amati, non invidiare nessuno. Ama il tuo corpo, il tuo carattere, la tua sensibilità, lavora su te, non avere paura di te stesso fa leva sul positivo e accantona il negativo, abbandonati a me e diventa la mia immagine vivente, non intralciare il mio disegno, lasciati modellare come se fossi creta, abbandonati incondizionatamente, ciecamente e serenamente. Cerca la forza in me, nel mio abbraccio trovi tutta la forza che ne hai bisogno. Vorrei essere il tuo confidente, voglio instaurare con te un rapporto leale, confidenziale fedele. Non isolarti ma mettiti in gioco, io non ti deludo, non ti tradisco, non ti abbandono, non mi stanco, vivi per me, valorizza la tua vita. Siamo uno e siamo tre: Dio Padre, Gesù figlio e lo Spirito Santo che è il datore di ogni dono. Non di meno importante la madre genitrice di mio figlio: Maria di Nazareth la madre per eccellenza. abbandonati con questa preghiera:

"Padre mio, mi abbandono a Te.

Fa' di me quello che ti piace.

Sono pronto a tutto, accetto tutto,

perché la tua volontà si compia in me, e in tutte le creature.

Non desidero niente altro, mio Dio.

te la dono, mio Dio, con tutto l'amore del mio cuore, perché ti amo.

Ed è per me un'esigenza d'amore il donarmi,

il rimettermi nelle tue mani senza misura con una confidenza infinita,

poiché tu sei il Padre mio".'

Accoglimi nella vita dei tuoi fratelli, fatti prossimo per amore mio, servimi e amami nel volto dei tuoi fratelli perché se, come uomo appartieni alla comunità civile come mio figlio fai parte di un corpo visibile che è la chiesa, hai bisogno di offrirti all’altro confrontandoti e integrandoti col tuo prossimo. Vinci le tue timidezze, le tue riserve, perdona come me  sempre, tutto e tutti, riconosci i tuoi errori. Vivi in pace in te stesso e con te stesso, la tua massima ispirazione sia l’equilibrio fisico e psichico, ordine interiore, rispetto della gerarchia dei valori, volontà di amare tutti e perdonare sempre, riconoscere il valore degli altri, accettare serenamente se stessi, rinunciare ad ogni forma di invidia, di rivalità e di critica, adesione serena alla volontà del padre con fede e ottimismo. La pace è il Dono di Gesù nello Spirito Santo. Esercitati nel dire la verità : nel parlare, nel giudicare, nel riferire, Sii libero di agire e rispettare gli altri Dà sempre a ciascuno ciò che gli spetta. Sii quel tocco di bontà e di cortesia che rende più ricco ogni rapporto e gradito ogni servizio.

Tuo Dio

 

 Tratto dal libro Chiamami Padre di Novello Pederzini

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