La santità passa per la vita quotidiana
Una chiamata che riguarda tutti. Nell'Esortazione apostolica «Gaudete et
Exsultate» il Papa indica nelle Beatitudini la carta d'identità del cristiano.
I santi non sono supereroi
È l’urgenza di una risalita all’essenzialità. A ciò
che conta per vivere pienamente da uomini e da veri cristiani nel contesto
storico attuale. L’esortazione Gaudete et exultate sulla
«chiamata alla santità nel mondo contemporaneo» non è perciò riservata a pochi
ma è una via per tutti. Non un trattato sulla santità, ma una sua descrizione,
così come l’aveva profilata il Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium.
Nei cinque capitoli del documento Papa Francesco sgombera così il campo dalle
false immagini che si possono avere della santità, da ciò che è nocivo e
ideologico e «da tante forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio che
dominano nel mercato religioso attuale», e, spiegando che la santità è frutto
della grazia di Dio, indica le caratteristiche che ne costituiscono un modello
a partire dal Vangelo. Illumina così la vita nell’amore non separabile per Dio
e per il prossimo, che è il comandamento centrale della carità e il cuore del
Vangelo dalle parole stesse di Gesù: «Gesù ha spiegato con tutta semplicità che
cos’è essere santi, e lo ha fatto quando ci ha lasciato le Beatitudini in Mt 5,3-12 possiamo leggere: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché
erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno
misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori
di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per
causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi
quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di
male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché
grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i
profeti prima di voi”. Lc 6,20-23 invece scrive “Alzati gli occhi verso i suoi discepoli,
Gesù diceva :«Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi
che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete ,perché
riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno
al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a
causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate,
perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti
facevano i loro padri con i profeti”
Esse
sono come la carta d’identità del cristiano» «Così, se qualcuno di noi si pone
la domanda: “Come si fa per arrivare ad essere un buon cristiano?”, la risposta
è semplice: è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel
discorso delle Beatitudini. In esse si delinea il volto del Maestro, che siamo
chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita».
È
il capitolo centrale dell’esortazione. Il canovaccio di riferimento di uno
stile di vita. E si comprende da qui la forza e l’utilità di questo documento
che mette insieme in modo organico ciò su cui Papa Francesco insiste da cinque
anni, andando controcorrente rispetto a quanto abitualmente si fa nella
società. «La forza della testimonianza dei santi sta nel vivere le Beatitudini
e la regola di comportamento del giudizio finale – scrive – Sono poche parole,
semplici, ma pratiche e valide per tutti, perché il cristianesimo è fatto
soprattutto per essere praticato».
La
santità della porta accanto
«Il
Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità... Egli ci
vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre,
annacquata, inconsistente» scrive Francesco e nel primo capitolo ricordando che
i santi non sono solo quelli già beatificati o canonizzati. «Mi piace vedere la
santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i
loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa,
nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere... Questa è
tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi
e sono un riflesso della presenza di Dio»
Francesco non si ferma pertanto a spiegare i mezzi di santificazione o le varie forme di devozione invita subito a non scoraggiarsi di fronte a «modelli di santità che appaiono irraggiungibili», perché dobbiamo seguire la «via unica e specifica che il Signore ha in serbo per noi». E spiega e ripete che per essere santi «non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno».
Ribadisce quindi che l’obiettivo di questa esortazione «è soprattutto la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata personale che rivolge anche a te: «Siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44 “Poiché io sono il Signore, il Dio vostro. Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono santo; non contaminate le vostre persone con alcuno di questi animali che strisciano per terra.; 1 Pt 1,16 “poiché sta scritto: Voi sarete santi, perché io sono santo.” ). Il Concilio Vaticano II lo ha messo in risalto con forza», «ognuno per la sua via, dice il Concilio». «Lascia dunque che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità» . E ripete l’invito a non avere paura a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo: «Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta». «La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia. In fondo, come diceva León Bloy, nella vita «non c’è che una tristezza… quella di non essere santi».
Francesco non si ferma pertanto a spiegare i mezzi di santificazione o le varie forme di devozione invita subito a non scoraggiarsi di fronte a «modelli di santità che appaiono irraggiungibili», perché dobbiamo seguire la «via unica e specifica che il Signore ha in serbo per noi». E spiega e ripete che per essere santi «non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno».
Ribadisce quindi che l’obiettivo di questa esortazione «è soprattutto la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata personale che rivolge anche a te: «Siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44 “Poiché io sono il Signore, il Dio vostro. Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono santo; non contaminate le vostre persone con alcuno di questi animali che strisciano per terra.; 1 Pt 1,16 “poiché sta scritto: Voi sarete santi, perché io sono santo.” ). Il Concilio Vaticano II lo ha messo in risalto con forza», «ognuno per la sua via, dice il Concilio». «Lascia dunque che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità» . E ripete l’invito a non avere paura a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo: «Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta». «La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia. In fondo, come diceva León Bloy, nella vita «non c’è che una tristezza… quella di non essere santi».
I
due nemici della santità e il cuore della Legge
Nel
secondo capitolo si sofferma su quelle che definisce «due falsificazioni della
santità che potrebbero farci sbagliare strada: lo gnosticismo e il
pelagianesimo». Ancora una volta, quindi, il Papa fa riferimento a queste due
eresie «sorte nei primi secoli cristiani», e che a suo giudizio «continuano ad
avere un’allarmante attualità» dentro la Chiesa . Si tratta di «due forme di
sicurezza dottrinale o disciplinare che danno luogo ad un elitarismo narcisista
e autoritario dove, invece di evangelizzare, si analizzano e si classificano
gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie
nel controllare». Se infatti la santità è un dono della grazia nella vita della
Chiesa, queste due sottili forme di eresia ne sono un ostacolo proprio perché
rimuovono la necessità della grazia di Cristo, oppure svuotano la dinamica
reale e gratuita del suo agire. Per questo complicano e fermano la Chiesa nel
suo cammino verso la santità.
I «nuovi pelagiani» ad esempio «per il fatto di pensare che tutto dipende dallo sforzo umano incanalato attraverso norme e strutture ecclesiali – spiega il Papa – complicano il Vangelo e diventando «schiavi di uno schema che lascia pochi spiragli perché la grazia agisca». Questi s’impegnano nel seguire un’altra strada che è «quella della giustificazione mediante le proprie forze, quella dell’adorazione della volontà umana e della propria capacità, che si traduce in un autocompiacimento egocentrico ed elitario privo del vero amore». E si manifesta in molti atteggiamenti: «L’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale. In questo alcuni cristiani spendono le loro energie e il loro tempo, invece di lasciarsi condurre dallo Spirito sulla via dell’amore, invece di appassionarsi per comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo e di cercare i lontani nelle immense moltitudini assetate di Cristo»
Il Papa ha quindi ricordato che siamo chiamati a curare attentamente la carità che è il centro delle virtù e della Legge. Cristo ci ha consegnato «due volti, quello del Padre e quello del fratello», «o meglio uno solo, quello di Dio che si riflette in molti, perché in ogni fratello è presente l’immagine stessa di Dio». L’amore per Dio e per il prossimo non possono perciò essere separati: «Chi ama l’altro ha adempiuto la Legge» perché pienezza della Legge infatti è la carità». Perché «tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso».
I «nuovi pelagiani» ad esempio «per il fatto di pensare che tutto dipende dallo sforzo umano incanalato attraverso norme e strutture ecclesiali – spiega il Papa – complicano il Vangelo e diventando «schiavi di uno schema che lascia pochi spiragli perché la grazia agisca». Questi s’impegnano nel seguire un’altra strada che è «quella della giustificazione mediante le proprie forze, quella dell’adorazione della volontà umana e della propria capacità, che si traduce in un autocompiacimento egocentrico ed elitario privo del vero amore». E si manifesta in molti atteggiamenti: «L’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale. In questo alcuni cristiani spendono le loro energie e il loro tempo, invece di lasciarsi condurre dallo Spirito sulla via dell’amore, invece di appassionarsi per comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo e di cercare i lontani nelle immense moltitudini assetate di Cristo»
Il Papa ha quindi ricordato che siamo chiamati a curare attentamente la carità che è il centro delle virtù e della Legge. Cristo ci ha consegnato «due volti, quello del Padre e quello del fratello», «o meglio uno solo, quello di Dio che si riflette in molti, perché in ogni fratello è presente l’immagine stessa di Dio». L’amore per Dio e per il prossimo non possono perciò essere separati: «Chi ama l’altro ha adempiuto la Legge» perché pienezza della Legge infatti è la carità». Perché «tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso».
Le
Beatitudini: ritratto di Gesù e stile di vita controcorrente
Nel
terzo capitolo, Francesco srotola una per una le beatitudini evangeliche
contenute nel capitolo 5 del Vangelo di Matteo e le rilegge attualizzandole.
«Vivere le Beatitudini – spiega – diventa difficile e può essere addirittura
una cosa malvista, sospetta, ridicolizzata». Ma queste sono «la carta
d’identità del cristiano».
«Beati
i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli»
«Le ricchezze non ti assicurano nulla - ricorda il Papa - Anzi, quando il cuore si sente ricco, è talmente soddisfatto di sé stesso che non ha spazio per la Parola di Dio, per amare i fratelli» (68).
«Essere poveri nel cuore, questo è santità».
«Le ricchezze non ti assicurano nulla - ricorda il Papa - Anzi, quando il cuore si sente ricco, è talmente soddisfatto di sé stesso che non ha spazio per la Parola di Dio, per amare i fratelli» (68).
«Essere poveri nel cuore, questo è santità».
«Beati
i miti, perché avranno in eredità la terra».
«È un’espressione forte, in questo mondo che fin dall’inizio è un luogo di inimicizia dove si litiga ovunque, dove da tutte le parti c’è odio, dove continuamente classifichiamo gli altri per le loro idee, le loro abitudini» . Osserva Francesco: «Qualcuno potrebbe obiettare: “Se sono troppo mite, penseranno che sono uno sciocco, che sono stupido o debole”. Forse sarà così, ma lasciamo che gli altri lo pensino. È meglio essere sempre miti, e si realizzeranno le nostre più grandi aspirazioni: i miti «avranno in eredità la terra», ovvero, vedranno compiute nella loro vita le promesse di Dio» . La mitezza è propria di Cristo: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Il Papa pertanto ricorda che «anche quando si difende la propria fede e le proprie convinzioni, bisogna farlo con mitezza, e persino gli avversari devono essere trattati con mitezza. Nella Chiesa tante volte abbiamo sbagliato per non aver accolto questo appello» «Reagire con mitezza, questo è santità».
«È un’espressione forte, in questo mondo che fin dall’inizio è un luogo di inimicizia dove si litiga ovunque, dove da tutte le parti c’è odio, dove continuamente classifichiamo gli altri per le loro idee, le loro abitudini» . Osserva Francesco: «Qualcuno potrebbe obiettare: “Se sono troppo mite, penseranno che sono uno sciocco, che sono stupido o debole”. Forse sarà così, ma lasciamo che gli altri lo pensino. È meglio essere sempre miti, e si realizzeranno le nostre più grandi aspirazioni: i miti «avranno in eredità la terra», ovvero, vedranno compiute nella loro vita le promesse di Dio» . La mitezza è propria di Cristo: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Il Papa pertanto ricorda che «anche quando si difende la propria fede e le proprie convinzioni, bisogna farlo con mitezza, e persino gli avversari devono essere trattati con mitezza. Nella Chiesa tante volte abbiamo sbagliato per non aver accolto questo appello» «Reagire con mitezza, questo è santità».
«Beati
quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati»
«La persona che vede le cose come sono realmente - scrive - si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore è capace di raggiungere le profondità della vita e di essere veramente felice» (76).
«Saper piangere con gli altri, questo è santità».
«La persona che vede le cose come sono realmente - scrive - si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore è capace di raggiungere le profondità della vita e di essere veramente felice» (76).
«Saper piangere con gli altri, questo è santità».
«Beati
quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»
«La giustizia che propone Gesù - spiega - non è come quella che cerca il mondo, molte volte macchiata da interessi meschini, manipolata da un lato o dall’altro. La realtà ci mostra quanto sia facile entrare nelle combriccole della corruzione, far parte di quella politica quotidiana del “do perché mi diano”, in cui tutto è commercio» e si resta «ad osservare impotenti come gli altri si danno il cambio a spartirsi la torta della vita» «Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità». «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».
«“Tutto quanto vorrete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loroˮ. Il Catechismo ci ricorda che questa legge si deve applicare “in ogni casoˮ,». Gesù, ricorda il Papa, «non dice “Beati quelli che programmano vendetta”, ma chiama beati coloro che perdonano e lo fanno “settanta volte setteˮ». «Guardare e agire e agire con misericordia, questo è santità»
«La giustizia che propone Gesù - spiega - non è come quella che cerca il mondo, molte volte macchiata da interessi meschini, manipolata da un lato o dall’altro. La realtà ci mostra quanto sia facile entrare nelle combriccole della corruzione, far parte di quella politica quotidiana del “do perché mi diano”, in cui tutto è commercio» e si resta «ad osservare impotenti come gli altri si danno il cambio a spartirsi la torta della vita» «Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità». «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».
«“Tutto quanto vorrete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loroˮ. Il Catechismo ci ricorda che questa legge si deve applicare “in ogni casoˮ,». Gesù, ricorda il Papa, «non dice “Beati quelli che programmano vendetta”, ma chiama beati coloro che perdonano e lo fanno “settanta volte setteˮ». «Guardare e agire e agire con misericordia, questo è santità»
«Beati
i puri di cuore, perché vedranno Dio»
«Quando il cuore ama Dio e il prossimo, quando questo è la sua vera intenzione e non parole vuote, allora quel cuore è puro e può vedere Dio». «Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità».
«Quando il cuore ama Dio e il prossimo, quando questo è la sua vera intenzione e non parole vuote, allora quel cuore è puro e può vedere Dio». «Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità».
«Beati
gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».
«Il mondo delle dicerie, fatto da gente che si dedica a criticare e a distruggere, non costruisce la pace», scrive Francesco (87). Mentre i pacifici «costruiscono pace e amicizia sociale» (88). Anche se «non è facile costruire questa pace evangelica che non esclude nessuno, ma che integra anche quelli che sono un po’ strani, le persone difficili e complicate... quelli che sono diversi» «Seminare pace intorno a noi, questo è santità».
«Il mondo delle dicerie, fatto da gente che si dedica a criticare e a distruggere, non costruisce la pace», scrive Francesco (87). Mentre i pacifici «costruiscono pace e amicizia sociale» (88). Anche se «non è facile costruire questa pace evangelica che non esclude nessuno, ma che integra anche quelli che sono un po’ strani, le persone difficili e complicate... quelli che sono diversi» «Seminare pace intorno a noi, questo è santità».
«Beati
i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli».
«Se non vogliamo sprofondare in una oscura mediocrità – avverte il Papa – non pretendiamo una vita comoda». «Non si può aspettare, per vivere il Vangelo, che tutto intorno a noi sia favorevole». Ma Francesco spiega anche che «un santo non è una persona eccentrica, distaccata, che si rende insopportabile per la sua vanità, la sua negatività e i suoi risentimenti». Non erano così gli apostoli che «godevano della simpatia “di tutto il popoloˮ» (93). Quanto alle persecuzioni, esse «non sono una realtà del passato, perché anche oggi le soffriamo, sia in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, sia in un modo più sottile, attraverso calunnie e falsità» (94).«Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità».
«Se non vogliamo sprofondare in una oscura mediocrità – avverte il Papa – non pretendiamo una vita comoda». «Non si può aspettare, per vivere il Vangelo, che tutto intorno a noi sia favorevole». Ma Francesco spiega anche che «un santo non è una persona eccentrica, distaccata, che si rende insopportabile per la sua vanità, la sua negatività e i suoi risentimenti». Non erano così gli apostoli che «godevano della simpatia “di tutto il popoloˮ» (93). Quanto alle persecuzioni, esse «non sono una realtà del passato, perché anche oggi le soffriamo, sia in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, sia in un modo più sottile, attraverso calunnie e falsità» (94).«Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità».
Il
protocollo su cui saremo giudicati
Francesco
rievoca le parole di Gesù nel Vangelo di Matteo (25,31-46 “Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi
angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a
lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore
separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri
alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra:
Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi
fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete
dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi
avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato,
carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno:
Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare,
assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto
forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti
abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a
visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni
volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via,
lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i
suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare;
ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi
avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete
visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo
visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti
abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che
non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non
l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i
giusti alla vita eterna») sul dar da mangiare agli affamati e accogliere gli
stranieri e ricorda che queste sono la «regola di comportamento in base alla
quale saremo giudicati». «Quando incontro una persona che dorme alle
intemperie, in una notte fredda, posso sentire che questo fagotto è un
imprevisto che mi intralcia, un delinquente ozioso... un problema che devono
risolvere i politici... Oppure posso reagire a partire dalla fede e dalla
carità e riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità... un
fratello redento da Cristo. Questo è essere cristiani!». «In questo richiamo a
riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i
suoi sentimenti e le sue scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di
conformarsi – afferma Francesco – pertanto sottolinea con decisione «davanti
alla forza di queste richieste di Gesù è mio dovere pregare i cristiani di
accettarle e di accoglierle con sincera apertura, “sine glossa”, vale a
dire senza commenti, senza elucubrazioni e scuse che tolgano ad esse forza. Il
Signore ci ha lasciato ben chiaro che la santità non si può capire né vivere
prescindendo da queste sue esigenze».
La
nocività delle ideologie
Purtroppo,
scrive Francesco, a volte «le ideologie ci portano a due errori nocivi». Da una
parte, quello di trasformare «il cristianesimo in una sorta di ONG», privandolo
della sua «luminosa spiritualità» (100). Dall’altra parte c’è l’errore di
quanti «vivono diffidando dell’impegno sociale degli altri, considerandolo
qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista,
populista». O lo relativizzano come se ci fossero altre cose più importanti o
come se interessasse solo una determinata etica o una ragione che essi
difendono. «La difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere
chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana,
sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. Ma
ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella
miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone,
nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove
forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto. Non possiamo proporci un ideale
di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo .«Spesso si sente dire –
riprende il Papa – che, di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale,
sarebbe un tema marginale, per esempio, la situazione dei migranti. Alcuni
cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi “seri” della
bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si
può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di
mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai
suoi figli. Possiamo riconoscere che è precisamente quello che ci chiede Gesù
quando ci dice che accogliamo Lui stesso in ogni forestiero (cfr Mt 25,35 “ Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete
e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e
mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a
trovarmi.”)?»
«Chi desidera veramente dare gloria a Dio con la propria vita, chi realmente anela a santificarsi perché la sua esistenza glorifichi il Santo, è chiamato a tormentarsi, spendersi e stancarsi cercando di vivere le opere di misericordia»
«Chi desidera veramente dare gloria a Dio con la propria vita, chi realmente anela a santificarsi perché la sua esistenza glorifichi il Santo, è chiamato a tormentarsi, spendersi e stancarsi cercando di vivere le opere di misericordia»
Il santo e la
violenza verbale dei media
All’interno
del grande quadro della santità proposte dalle Beatitudini e Matteo 25,31-46,
nel quarto capitolo Francesco presenta alcune caratteristiche che, a suo
giudizio, sono indispensabili per comprendere lo stile di vita a cui Cristo ci
chiama nel contesto attuale e che hanno particolare importanza a motivo di
alcuni rischi e limiti della cultura di oggi, «dove si manifestano – afferma –
l’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita; la negatività e la
tristezza; l’accidia comoda, consumista ed egoista; l’individualismo, e tante
forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio che dominano nel mercato
religioso attuale».
Le prime
sono: la sopportazione, la pazienza e la mitezza. Virtù necessarie.
«Anche i cristiani – scrive poi il Papa – possono partecipare a reti di
violenza verbale mediante internet... Persino nei media cattolici si possono
eccedere i limiti, si tollerano la diffamazione e la calunnia, e sembrano
esclusi ogni etica e ogni rispetto per il buon nome altrui». «È significativo
che a volte, pretendendo di difendere altri comandamenti, si passi sopra
completamente all’ottavo: “Non dire falsa testimonianza, e si distrugga
l’immagine altrui senza pietà» . Lì si manifesta senza alcun controllo che la
lingua è «il mondo del male» e «incendia tutta la nostra vita, traendo la sua
fiamma dalla Geenna (Gc 3,6 “ Anche la lingua è un fuoco, è il mondo
dell'iniquità. Posta com'è fra le nostre membra, la lingua contamina tutto il
corpo, infiamma il corso della vita ed è infiammata dalla Geenna.”)». Il santo, ricorda Francesco, «evita la violenza verbale» .«La fermezza
interiore, che è opera della grazia, ci preserva dal lasciarci trascinare dalla
violenza che invade la vita sociale – scrive il Papa – perché la grazia smorza
la vanità e rende possibile la mitezza del cuore» (117).
L’umiltà e le
umiliazioni
L’umiltà –
spiega – può radicarsi nel cuore solamente attraverso le umiliazioni. Senza di
esse non c’è umiltà né santità» .Non si riferisce solo alle situazioni violente
di martirio, «ma alle umiliazioni quotidiane di coloro che sopportano per
salvare la propria famiglia, o evitano di parlare bene di sé stessi e
preferiscono lodare gli altri invece di gloriarsi, scelgono gli incarichi meno
brillanti, e a volte preferiscono addirittura sopportare qualcosa di ingiusto
per offrirlo al Signore» . «Non dico – afferma – che l’umiliazione sia qualcosa
di gradevole, perché questo sarebbe masochismo, ma che si tratta di una via per
imitare Gesù e crescere nell’unione con Lui. Questo non è comprensibile sul
piano naturale e il mondo ridicolizza una simile proposta». È un atteggiamento
che presuppone un cuore pacificato da Cristo, «libero da quell’aggressività che
scaturisce da un io troppo grande. La stessa pacificazione, operata dalla
grazia – dice papa Bergoglio – ci permette di mantenere una sicurezza interiore
e resistere, perseverare nel bene anche “se contro di me si accampa un
esercito” (Sal 27,3 Anche se si accampasse
un esercito contro di me, il mio cuore non avrebbe paura; anche se scoppiasse
una guerra contro di me, anche allora avrei fiducia)» .
Senso
dell’humor e fervore
Il Papa
sottolinea che quanto detto finora «non implica uno spirito inibito, triste,
acido, malinconico, o un basso profilo senza energia. Il santo è capace di
vivere con gioia e senso dell’umorismo. Senza perdere il realismo, illumina gli
altri con uno spirito positivo e ricco di speranza» .
Bisogna superare la tentazione di «fuggire in un luogo sicuro che può avere molti nomi: individualismo, spiritualismo, chiusura in piccoli mondi, dipendenza, sistemazione, ripetizione di schemi prefissati, dogmatismo, nostalgia, pessimismo, rifugio nelle norme» .
«Dio è sempre novità – scrive Francesco – che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere... là lo troveremo: Lui sarà già lì» .Ci mette in moto, ricorda il Papa, l’esempio di tanti preti, religiose e laici «che si dedicano ad annunciare e servire con grande fedeltà, molte volte rischiando la vita... La loro testimonianza ci ricorda che la Chiesa non ha bisogno di tanti burocrati e funzionari, ma di missionari appassionati, divorati dall’entusiasmo di comunicare la vera vita. I santi sorprendono, spiazzano, perché la loro vita ci chiama a uscire dalla mediocrità tranquilla e anestetizzante» . E Francesco ricorda anche come importante «la vita comunitaria, in famiglia, in parrocchia, nella comunità religiosa», che «è fatta di tanti piccoli dettagli quotidiani»: anche Gesù «invitava i suoi discepoli a fare attenzione ai particolari». «Infine, malgrado sembri ovvio - precisa Francesco - ricordiamo che la santità è fatta di apertura abituale alla trascendenza, che si esprime nella preghiera e nell’adorazione» che non è è evasione dal mondo intorno a noi.
Bisogna superare la tentazione di «fuggire in un luogo sicuro che può avere molti nomi: individualismo, spiritualismo, chiusura in piccoli mondi, dipendenza, sistemazione, ripetizione di schemi prefissati, dogmatismo, nostalgia, pessimismo, rifugio nelle norme» .
«Dio è sempre novità – scrive Francesco – che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere... là lo troveremo: Lui sarà già lì» .Ci mette in moto, ricorda il Papa, l’esempio di tanti preti, religiose e laici «che si dedicano ad annunciare e servire con grande fedeltà, molte volte rischiando la vita... La loro testimonianza ci ricorda che la Chiesa non ha bisogno di tanti burocrati e funzionari, ma di missionari appassionati, divorati dall’entusiasmo di comunicare la vera vita. I santi sorprendono, spiazzano, perché la loro vita ci chiama a uscire dalla mediocrità tranquilla e anestetizzante» . E Francesco ricorda anche come importante «la vita comunitaria, in famiglia, in parrocchia, nella comunità religiosa», che «è fatta di tanti piccoli dettagli quotidiani»: anche Gesù «invitava i suoi discepoli a fare attenzione ai particolari». «Infine, malgrado sembri ovvio - precisa Francesco - ricordiamo che la santità è fatta di apertura abituale alla trascendenza, che si esprime nella preghiera e nell’adorazione» che non è è evasione dal mondo intorno a noi.
In lotta
contro il demonio
Il quinto
capitolo avverte che il cammino per la santità è anche «una lotta costante
contro il diavolo, che è il principe del male» Il «male» citato nel Padre Nostro è «il
Maligno» e «indica un essere personale che ci tormenta» (160). «Non pensiamo
dunque che sia un mito, una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea.
Tale inganno ci porta ad abbassare la guardia, a trascurarci e a rimanere più
esposti. Lui non ha bisogno di possederci. Ci avvelena con l’odio, con la
tristezza, con l’invidia, con i vizi» (161). E può portare alla «corruzione
spirituale», che «è peggiore della caduta di un peccatore, perché si tratta di
una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito:
l’inganno, la calunnia, l’egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità,
poiché «anche Satana si maschera da angelo della luce (2 Cor 11,14 “E non c'è da meravigliarsi, perché Satana stesso
si trasforma in angelo di luce.”)»
«Come sapere
se una cosa viene dallo Spirito Santo o se deriva dallo spirito del mondo o
dallo spirito del diavolo? L’unico modo – ricorda Francesco – è il
discernimento», che «è anche un dono che bisogna chiedere» . «Senza la sapienza
del discernimento possiamo trasformarci facilmente in burattini alla mercé delle
tendenze del momento». Pertanto il Papa chiede «a tutti i cristiani di non
tralasciare di fare ogni giorno... un sincero esame di coscienza» .
Un esistenza
disponibile per Dio e per i fratelli
«San Paolo
invitava i cristiani di Roma a non rendere «a nessuno male per male» (Rm 12,17 “Non rendete ad alcuno male per male, cercate di fare il bene
davanti a tutti gli uomini”.), a non voler farsi giustizia da sé stessi (cfr v. 19
Non fate le vostre vendette, cari
miei, ma lasciate posto all'ira di Dio, perché sta scritto: «A me la vendetta,
io renderò la retribuzione, dice il Signore».) e a non lasciarsi
vincere dal male, ma a vincere il male con il bene (cfr v. 21 Non essere vinto dal male, ma vinci il male con
il bene). Questo atteggiamento non è segno di debolezza ma della vera forza». Solo
«chi è disposto ad ascoltare – conclude Francesco – è realmente disponibile ad
accogliere una chiamata che rompe le sue sicurezze ma che porta a una vita
migliore» . Questo atteggiamento «implica, naturalmente, obbedienza al Vangelo
come ultimo criterio, ma anche al Magistero che lo custodisce, cercando di
trovare nel tesoro della Chiesa ciò che può essere più fecondo per l’oggi della
salvezza» . «Chiediamo – conclude papa Francesco – che lo Spirito Santo infonda
in noi un intenso desiderio di essere santi per la maggior gloria di Dio e
incoraggiamoci a vicenda in questo proposito» .
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