venerdì 11 aprile 2014

Alcuni chiarimenti per la nostra vita cristiana secondo San Paolo

1 L’APOSTOLO PAOLO

LE LETTERE PAOLINE
La vicenda terrena di Paolo si arrestava sulla via Ostiense, ma la fiamma del suo
cuore e la luce del suo pensiero non si estingueranno più e gli sopravvivranno per i
secoli. Infatti, oltre che grande Apostolo e fondatore di Chiese, egli fu anche
pensatore geniale, scrittore denso ed efficace, il teologo più profondo che abbia mai
avuto il Cristianesimo, il mistico più infiammato che abbia mai raggiunto Dio con
l’apice della sua anima.
La ricchezza del suo pensiero è tutta concentrata nelle sue quattordici “lettere”,
Se Paolo si è deciso a scrivere, è stato certamente per una finalità apostolica.: per comunicare a distanza con le varie comunità da lui fondate, per aiutarle a risolvere i loro problemi interni di organizzazione e di vita spirituale, oppure il desiderio di allacciare rapporti con comunità estranee al suo raggio di azione (si pensi a Roma) per poter dispensare anche a loro “qualche dono spirituale” (Rom 1,11).Le lettere paoline nascono dunque da un bisogno di “dare”, non solo la luce della
propria fede e dei propri pensieri, ma anche l’affetto del proprio cuore. Le lettere che paolo scrive sono di carattere familiare ma affronta come le epistole grandi problemi alla luce della parola di Dio
Diamo ora uno sguardo all’aspetto più tecnico e storico delle “lettere” e diciamo
innanzitutto che , contrariamente a come sembra nella Bibbia l’ordine canonico degli scritti di Paolo sono antecedenti alla stesura dei Vangeli del Nuovo Testamento.
Nel canone quindi bisognerebbe invertire la successione cronologica degli scritti.
Le lettere autentiche dell’apostolo Paolo, infatti, sono datate agli inizi degli anni 50
d.C. Anche i suoi viaggi apostolici si aggirano attorno a questi anni.
Il primo viaggio missionario (46- 49 d.C.)
Il secondo viaggio missionario (49-52 d. C.)
Il terzo viaggio missionario (54-57 d.C.)
I Vangeli, invece, hanno date posteriori.
- Matteo (70-80 d.C.)
- Marco (65-70 d.C.)
- Luca (70 d.C.)
- Giovanni (100 –110 d.C.).
Paolo, nelle sue lettere non fa riferimento ad episodi particolari della vita di Gesù infatti allude a ben pochi particolari della vita del Cristo: Gesù nacque da una donna, sotto la legge (Gal 4,4), fu
tradito (1Cor 11,23), istituì l’eucarestia (1Cor 11,23), fu crocifisso (Gal 2,20; 3,1; Fil 2,5; 1 Cor 2,2.8), morì (1 Cor15,3), fu sepolto (1 Cor 15,4), fu risuscitato dai morti (1 Cor 15,5), e ascese al cielo (Ef 4,9),non ricorda le sue parabole o le sue controversie con gli avversari, i suoi insegnamenti morali, non ne menziona la vasta attività taumaturgica. Tutte le sue riflessioni sono concentrate sull’evento decisivo della passione, morte e Resurrezione. Il Cristo della Pasqua si è impossessato di lui sulla via di Damasco (36 d.C. per altri invece siamo nel 33), aprendo alla sua mente e alla sua predicazione gli spazi sconfinati dell’antropologia redenta. I vangeli colmano questa specie di lacuna, delineando un ritratto più completo di Gesù di Nazareth, dal momento della sua nascita fino alla sua conclusione gloriosa nella Risurrezione.
San paolo affronta temi molto importanti che aiutano non solo i destinatari delle lettere apostoliche ma ognuno di noi, come un genitore premuroso ammonisce individualmente ciascuno dei propri figli evangelizzati da lui allora ed oggi esorta ognuno di noi “a camminare in maniera degna di Dio” .
Lo schema delle lettere di San Paolo è semplice e può essere riassunto così:
Esordio (1, 1-10), contenente saluti e un solenne ringraziamento a Dio per i frutti di bene ottenuti a Tessalonica.
I Parte (2,1–3,13): rievocazione della predicazione di Paolo a Tessalonica e delle sue
sollecitudini anche nella forzata assenza.
II Parte (4, 1-5,24): esortazioni e ammaestramenti vari (dottrina escatologica).
Epilogo (5, 23-28). Preghiere e saluti.
Subito dopo l’indirizzo si leva una preghiera di ringraziamento a Dio per i doni effusi sulla Chiesa. Il motivo del ringraziamento è dato dalla fresca vitalità della Chiesa che fiorisce in ognuna delle tre virtù teologali. Si noti il preciso elenco che ne fa per la prima volta Paolo: la fede è “operosa”, la carità si dona “sacrificandosi”, la speranza è “tenace”. La vitalità della Chiesa di Tessalonica non è dovuta solo alla corrispondenza dei cristiani alla grazia, ma soprattutto all’amore di Dio, che li ha chiamati alla fede per mezzo della predicazione del vangelo. L’arte della parola è vana (1 Cor 2, 4-6) se non viene in aiuto la grazia divina: lo Spirito Santo è il responsabile di ogni manifestazione spirituale. E’ in forza dello Spirito che i Tessalonicesi prima ,e noi oggi, accogliamo la “Parola” con grande “gioia”, anche in mezzo alle “tribolazioni”, affinche' convertiti dal culto idolatrino, possano e possiamo aderire al Dio unico e vero e vivono nell’attesa del Cristo Risorto, che verrà a giudicare il peccato del mondo. Si introduce così uno dei temi fondamentali della lettera: la futura venuta di Cristo. E “l’ira ventura” si riferisce appunto alla punizione riservata ai malvagi nell’ultimo giorno. L’ira di Dio è provocata da un eccesso di iniquità e di orgoglio dell’umanità, fino a pretendere di fare a meno del Signore e dei suoi comandamenti. Ad essa nessuno può resistere (Ap6,17), ma in Cristo i credenti sono liberati da questo giudizio. Cristo è morto appunto per “liberarci” dalla condanna irreparabile.

Il predicatore
deve rispondere del suo operato non agli uomini ma a Dio, avendo solo un' immensa fiducia in Dio che “scruta” i cuori e che lo ha “approvato” (v. 4) e gli ha affidato il geloso “deposito” della sua Parola: da questa fedeltà al “mandato” divino dipenderà sempre il vero successo del lavoro apostolico. E’ quanto è accaduto a Tessalonica con Paolo e davanti a un “Portatore della parola di Cristo nella nostra vita perche' la genuina Parola di Dio ha una innata capacità di successo anche in mezzo alle più gravi difficoltà.. Al popolo si raccomanda rispetto e amore verso i responsabili della Chiesa, perché possano compiere la loro missione in serenità e dedizione. La lettera passa poi ad affrontare alcuni temi teologici, due in particolare: la vita morale del cristiano e l’attesa della venuta del Cristo.

La morale
E' incentrata su due impegni: la santità della vita e l’amore fraterno. Quindi esorta , a trattare il “corpo con santità e rispetto” (4,4), e ad astenersi dall’impurità. San Paolo ribadisce con fermezza queste scelte di vita, ricordando che gli abusi sessuali riscontrabili presso i pagani dipendevano soprattutto dalla loro “ignoranza” di Dio, il quale vuole essere “glorificato” anche attraverso la mondezza del proprio corpo (1 Cor 6, 12-20), che è il “tempio dello Spirito Santo”. Il nostro corpo, quindi, essendo anch’esso opera di Dio, non può servire come strumento di degradazione, ma solo di elevazione spirituale, o mediante l’astensione celibataria o mediante il retto uso del matrimonio, focolare di amore e di vita.

l’amore fraterno

C’è, poi, l’amore fraterno che deve essere conservato con forza, ma deve manifestarsi anche attraverso il servizio quotidiano nell’ambiente di lavoro e nell’esistenza di tutti i giorni, si appellava alla necessità di lavorare e di impegnarsi nel proprio ambito senza lasciarsi fuorviare da forme di esaltazione e di effervescenza spirituale.
Rimane da affrontare la questione - molto sentita dalla Chiesa delle origini – della
venuta finale del Signore.

Parusia

L’Apostolo delinea le fasi drammatiche della lotta già in atto tra le forze del male, impersonate dall’Anticristo, l’Iniquo per eccellenza, palese emissario di Satana (2,9) e Cristo Signore. Gli innegabili successi di Satana, saranno puramente illusori: il semplice “soffio di bocca” del Signore disperderà l’Anticristo come polvere al vento. Consolazione dunque e motivato timore si mescolano nella prospettiva apocalittica dell’Apostolo. E’ certo che l’ultimo giorno non è imminente, perché i “segni” premonitori non si sono ancora profilati all’orizzonte. Ma se è certo anche che la vittoria finale è già assicurata a Cristo, non è però altrettanto certo che i singoli
cristiani siano anche loro vittoriosi e non cadano piuttosto vittime delle suggestioni
dell’Anticristo. A meno che non abbiano in se quel genuino “amore della verità”, che
solo potrà “salvarli” (2,10) introducendoli nella “gloria del Signore” (2,14)
Quando il Signore ritornerà, i morti si troveranno addirittura in una posizione di vantaggio rispetto ai viventi, dato che essi per “primi” risorgeranno, e poi, con quanti saranno ancora in vita, si avvieranno verso il Cristo glorioso per essere sempre con lui. La venuta definitiva del Cristo glorioso, è chiamata da Paolo con un termine caro ai profeti, “giorno del Signore” che indicava il giudizio divino sulla storia umana. Gli elementi innegabili della escatologia del futuro di Paolo sono: la parusia (1 Tess 4,15), la risurrezione dei morti (1 Tess 4,16; 1 Cor 15,13 ss), il
giudizio (2 Cor 5,10: Rom 14,10; Ef 6,8), e la gloria dei credenti giustificati (Rom
8,12.21; 1 Tess 2,12). La fede e l’amore dei cristiani e la fermezza nel superare le prove e le persecuzioni (principalmente quelle scatenate dai Giudei), viste come una specie di purificazione che li introduce nel regno di Dio, cioè in Paradiso. E’ giusto, infatti, che chi soffre “per la giustizia” riceva il premio, e che i persecutori siano puniti. Tutto questo avverrà nel giorno della Parusia, quando il Giudice divino si “manifesterà” nella sua gloria e nella sua “potenza” accompagnato dai suoi Angeli, per “far vendetta” di tutti coloro che non hanno avuto “l’amore della verità”, L’Apostolo qui si dilunga a dare qualche altro tratto descrittivo della parusia e specialmente alla punizione dei malvagi. La loro “rovina” sarà “eterna” e consisterà soprattutto nell’essere separati da Dio “lontani dal volto del Signore” (v. 9); mentre la felicità dei “santi” consisterà “nell’essere sempre col Signore”.
La venuta del Signore dovrà essere preannunciata da due “segni” terribili e sensazionali: un clamoroso abbandono della fede religiosa (“l’apostasia”), e la manifestazione dell’ “uomo del peccato”, “il figlio della perdizione” (secondo l’uso semitico è l’anticristo). L’apostasia sarà senza dubbio prodotta dalle seduzioni diaboliche dell’anticristo, perciò praticamente il segno sarà unico e la successione dei segni non si deve intendere in senso cronologico. A questo punto si introduce un misterioso ostacolo al trionfo dell’apostasia e dell’anticristo, quando dappertutto sarà predicato il messaggio di Cristo, allora verrà la fine (Mt 24,14). Per conto nostro, condividiamo la tesi di S. Cipriani, prendendo lo spunto proprio da questa soluzione e basandoci su una frase di Luca (18,8) di significato escatologico: “Il Figlio dell’uomo venendo, troverà la fede sulla terra?”, riteniamo che l’ “ostacolo”all’insorgere dell’ “Anticristo”, siano i cristiani con la loro “fede” incrollabile: quando la loro fede si illanguidirà, l’Anticristo sarà alle porte. Il misterioso “ostacolo” si traduce così in un deciso impegno di fedeltà e di amore al Signore e alla sua verità. Il credere, necessario per la
salvezza, è esclusivo “dono” di Dio: però tocca all’uomo accettare con umiltà il messaggio della salvezza. Ora l’Apostolo rivolge un severo monito contro quei cristiani che, allarmati dal pensiero dell’imminente parusia, o approfittando di essa, si davano all’ozio, diventando così un peso insopportabile per i fratelli. Mangiare il pane altrui, scansando la fatica, è come rubarlo. Ognuno deve mangiare il proprio pane, quello cioè che le sue mani gli hanno saputo procurare. E’ questa la regola d’oro del lavoro cristiano: se è un diritto, il lavoro è anche un dovere. Paolo conclude l’argomento con una sanzione contro l’ostinato, sempre salvando la carità fraterna. La punizione infatti ha solo scopo medicinale: “onde si vergogni”. Nonostante tutto essi rimangono dei “fratelli” (v. 15) a cui “non bisogna stancarsi di fare il bene” (v. 13), per recuperarli, attraverso una consapevole correzione dei propri comportamenti. Sulla parusia il Catechismo della Chiesa Cattolica (cap. 3 art. 12) parla di “Giudizio particolare” (con l’immediata retribuzione, che sarà data, subito dopo la morte, a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede) e di “Giudizio finale” (dove conosceremo il senso ultimo di tutta l’opera della creazione e di tutta l’Economia della salvezza, e comprenderemo le mirabili vie attraverso le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo. Il giudizio finale manifesterà, quindi, che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della morte). Circa il tempo di questo evento, dice Paolo, nessuno lo sa, è affidato alla decisione di Dio, per questo bisogna vigilare. L’incertezza dell’ultimo “giorno” (v. 4) dovrebbe avere l’effetto salutare di tenere sempre impegnato il cristiano, come un soldato che vigila, come un servo in attesa del padrone lontano.

Preghiera


Un altro suggerimento riguarda la preghiera, che deve essere incessante: è un consiglio che attraversa tutto il NT, in particolare l’epistolario paolino. L’amore fraterno, la gioia, la pace, la lode a Dio sono alcune delle componenti delle serie di esortazioni essenziali che Paolo indirizza ai Tessalonicesi. Un rilievo particolare è riservato al “non spegnere lo Spirito”, cioè a non mortificare i doni o “carismi” che arricchiscono la Chiesa: è un appello che precede cronologicamente la lunga riflessione di 1 Cor 12-14. A suggello del primo scritto, l’apostolo pone una breve ma intensa preghiera al Dio della pace perché santifichi tutto l’essere del credente (“spirito, anima, corpo), così da prepararlo ad accogliere la venuta (in greco: parousìa) del Signore Gesù.

tratto da appunti di Don Antonio Schena

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