1
L’APOSTOLO PAOLO
LE
LETTERE PAOLINE
La
vicenda terrena di Paolo si arrestava sulla via Ostiense, ma la
fiamma del suo
cuore
e la luce del suo pensiero non si estingueranno più e gli
sopravvivranno per i
secoli.
Infatti, oltre che grande Apostolo e fondatore di Chiese, egli fu
anche
pensatore
geniale, scrittore denso ed efficace, il teologo più profondo che
abbia mai
avuto
il Cristianesimo, il mistico più infiammato che abbia mai raggiunto
Dio con
l’apice
della sua anima.
La
ricchezza del suo pensiero è tutta concentrata nelle sue quattordici
“lettere”,
Se
Paolo si è deciso a scrivere, è stato certamente per una finalità
apostolica.: per comunicare a distanza con le varie comunità da lui
fondate, per aiutarle a risolvere i loro problemi interni di
organizzazione e di vita spirituale, oppure il desiderio di
allacciare rapporti con comunità estranee al suo raggio di azione
(si pensi a Roma) per poter dispensare anche a loro “qualche dono
spirituale” (Rom 1,11).Le lettere paoline nascono dunque da un
bisogno di “dare”, non solo la luce della
propria
fede e dei propri pensieri, ma anche l’affetto del proprio cuore.
Le lettere che paolo scrive sono di carattere familiare ma affronta
come le epistole grandi problemi alla luce della parola di Dio
Diamo
ora uno sguardo all’aspetto più tecnico e storico delle “lettere”
e diciamo
innanzitutto
che , contrariamente a come sembra nella Bibbia l’ordine canonico
degli scritti di Paolo sono antecedenti alla stesura dei Vangeli del
Nuovo Testamento.
Nel
canone quindi bisognerebbe invertire la successione cronologica degli
scritti.
Le
lettere autentiche dell’apostolo Paolo, infatti, sono datate agli
inizi degli anni 50
d.C.
Anche i suoi viaggi apostolici si aggirano attorno a questi anni.
Il
primo viaggio missionario (46- 49 d.C.)
Il
secondo viaggio missionario (49-52 d. C.)
Il
terzo viaggio missionario (54-57 d.C.)
I
Vangeli, invece, hanno date posteriori.
-
Matteo (70-80 d.C.)
-
Marco (65-70 d.C.)
-
Luca (70 d.C.)
-
Giovanni (100 –110 d.C.).
Paolo,
nelle sue lettere non fa riferimento ad episodi particolari della
vita di Gesù infatti allude a ben pochi particolari della vita del
Cristo: Gesù nacque da una donna, sotto la legge (Gal 4,4), fu
tradito
(1Cor 11,23), istituì l’eucarestia (1Cor 11,23), fu crocifisso
(Gal 2,20; 3,1; Fil 2,5; 1 Cor 2,2.8), morì (1 Cor15,3), fu sepolto
(1 Cor 15,4), fu risuscitato dai morti (1 Cor 15,5), e ascese al
cielo (Ef 4,9),non ricorda le sue parabole o le sue controversie con
gli avversari, i suoi insegnamenti morali, non ne menziona la vasta
attività taumaturgica. Tutte le sue riflessioni sono concentrate
sull’evento decisivo della passione, morte e Resurrezione. Il
Cristo della Pasqua si è impossessato di lui sulla via di Damasco
(36 d.C. per altri invece siamo nel 33), aprendo alla sua mente e
alla sua predicazione gli spazi sconfinati dell’antropologia
redenta. I vangeli colmano questa specie di lacuna, delineando un
ritratto più completo di Gesù di Nazareth, dal momento della sua
nascita fino alla sua conclusione gloriosa nella Risurrezione.
San
paolo affronta temi molto importanti che aiutano non solo i
destinatari delle lettere apostoliche ma ognuno di noi,
come
un genitore premuroso ammonisce individualmente ciascuno dei propri
figli evangelizzati da lui allora ed oggi esorta ognuno di noi “a
camminare in maniera degna di Dio” .
Lo
schema delle lettere di San Paolo è semplice e può essere
riassunto così:
Esordio
(1, 1-10), contenente saluti e un solenne ringraziamento a Dio
per i frutti di bene ottenuti a Tessalonica.
I
Parte (2,1–3,13): rievocazione della predicazione di Paolo a
Tessalonica e delle sue
sollecitudini
anche nella forzata assenza.
II
Parte (4, 1-5,24): esortazioni e ammaestramenti vari (dottrina
escatologica).
Epilogo
(5, 23-28). Preghiere e saluti.
Subito dopo
l’indirizzo si leva una preghiera di ringraziamento a Dio per i
doni effusi sulla Chiesa. Il motivo del ringraziamento è dato dalla
fresca vitalità della Chiesa che fiorisce in ognuna delle tre virtù
teologali. Si noti il preciso elenco che ne fa per la prima volta
Paolo: la fede è “operosa”, la carità si dona “sacrificandosi”,
la speranza è “tenace”. La vitalità della Chiesa di Tessalonica
non è dovuta solo alla corrispondenza dei cristiani alla grazia, ma
soprattutto all’amore di Dio, che li ha chiamati alla fede per
mezzo della predicazione del vangelo. L’arte della parola è vana
(1 Cor 2, 4-6) se non viene in aiuto la grazia divina: lo Spirito
Santo è il responsabile di ogni manifestazione spirituale. E’ in
forza dello Spirito che i Tessalonicesi prima ,e noi oggi, accogliamo
la “Parola” con grande “gioia”, anche in mezzo alle
“tribolazioni”, affinche' convertiti dal culto idolatrino,
possano e possiamo aderire al Dio unico e vero e vivono nell’attesa
del Cristo Risorto, che verrà a giudicare il peccato del mondo. Si
introduce così uno dei temi fondamentali della lettera: la futura
venuta di Cristo. E “l’ira ventura” si riferisce appunto alla
punizione riservata ai malvagi nell’ultimo giorno. L’ira di Dio è
provocata da un eccesso di iniquità e di orgoglio dell’umanità,
fino a pretendere di fare a meno del Signore e dei suoi comandamenti.
Ad essa nessuno può resistere (Ap6,17), ma in Cristo i credenti sono
liberati da questo giudizio. Cristo è morto appunto per “liberarci”
dalla condanna irreparabile.
Il
predicatore
deve
rispondere del suo operato non agli uomini ma a Dio, avendo solo un'
immensa fiducia in Dio che “scruta” i cuori e che lo ha
“approvato” (v. 4) e gli ha affidato il geloso “deposito”
della sua Parola: da questa fedeltà al “mandato” divino
dipenderà sempre il vero successo del lavoro apostolico. E’ quanto
è accaduto a Tessalonica con Paolo e davanti a un “Portatore della
parola di Cristo nella nostra vita perche' la genuina Parola di Dio
ha una innata capacità di successo anche in mezzo alle più gravi
difficoltà.. Al
popolo si raccomanda rispetto e amore verso i responsabili della
Chiesa, perché possano compiere la loro missione in serenità e
dedizione. La
lettera passa poi ad affrontare alcuni temi teologici, due in
particolare: la vita morale del cristiano e l’attesa della venuta
del Cristo.
La
morale
E'
incentrata su due impegni: la santità della vita e l’amore
fraterno. Quindi
esorta , a trattare il “corpo con santità e rispetto” (4,4), e
ad astenersi dall’impurità. San Paolo ribadisce con fermezza
queste scelte di vita, ricordando che gli abusi sessuali
riscontrabili presso i pagani dipendevano soprattutto dalla loro
“ignoranza” di Dio, il quale vuole essere “glorificato” anche
attraverso la mondezza del proprio corpo (1 Cor 6, 12-20), che è il
“tempio dello Spirito Santo”. Il nostro corpo, quindi, essendo
anch’esso opera di Dio, non può servire come strumento di
degradazione, ma solo di elevazione spirituale, o mediante
l’astensione celibataria o mediante il retto uso del matrimonio,
focolare di amore e di vita.
l’amore
fraterno
C’è,
poi, l’amore fraterno che deve essere conservato con forza, ma deve
manifestarsi anche attraverso il servizio quotidiano nell’ambiente
di lavoro e nell’esistenza di tutti i giorni, si appellava alla
necessità di lavorare e di impegnarsi nel
proprio ambito senza lasciarsi fuorviare da forme di esaltazione e di
effervescenza
spirituale.
Rimane
da affrontare la questione - molto sentita dalla Chiesa delle origini
– della
venuta
finale del Signore.
Parusia
L’Apostolo
delinea le fasi drammatiche della lotta già in atto tra le forze del
male, impersonate dall’Anticristo, l’Iniquo per eccellenza,
palese emissario di Satana (2,9) e Cristo Signore. Gli innegabili
successi di Satana, saranno puramente illusori: il semplice “soffio
di bocca” del Signore disperderà l’Anticristo come polvere al
vento. Consolazione dunque e motivato timore si mescolano nella
prospettiva apocalittica dell’Apostolo. E’ certo che l’ultimo
giorno non è imminente, perché i “segni” premonitori non si
sono ancora profilati all’orizzonte. Ma se è certo anche che la
vittoria finale è già assicurata a Cristo, non è però altrettanto
certo che i singoli
cristiani
siano anche loro vittoriosi e non cadano piuttosto vittime delle
suggestioni
dell’Anticristo.
A meno che non abbiano in se quel genuino “amore della verità”,
che
solo potrà
“salvarli” (2,10) introducendoli nella “gloria del Signore”
(2,14)
Quando il Signore
ritornerà, i morti si troveranno addirittura in una posizione di
vantaggio rispetto ai viventi, dato che essi per “primi”
risorgeranno, e poi, con quanti saranno ancora in vita, si avvieranno
verso il Cristo glorioso per essere sempre con lui. La venuta
definitiva del Cristo glorioso, è chiamata da Paolo con un termine
caro ai profeti, “giorno del Signore” che indicava il giudizio
divino sulla storia umana. Gli elementi innegabili della escatologia
del futuro di Paolo sono: la parusia (1 Tess 4,15), la risurrezione
dei morti (1 Tess 4,16; 1 Cor 15,13 ss), il
giudizio (2 Cor
5,10: Rom 14,10; Ef 6,8), e la gloria dei credenti giustificati (Rom
8,12.21;
1 Tess 2,12). La fede e l’amore dei cristiani e la
fermezza nel superare le prove e le persecuzioni (principalmente
quelle scatenate dai Giudei), viste come una specie di purificazione
che li introduce nel regno di Dio, cioè in Paradiso. E’ giusto,
infatti, che chi soffre “per la giustizia” riceva il premio, e
che i persecutori siano puniti. Tutto questo avverrà nel giorno
della Parusia, quando il Giudice divino si “manifesterà”
nella sua gloria e nella sua “potenza” accompagnato dai suoi
Angeli, per “far vendetta” di tutti coloro che non hanno avuto
“l’amore della verità”, L’Apostolo qui si dilunga a dare
qualche altro tratto descrittivo della parusia e specialmente
alla punizione dei malvagi. La loro “rovina” sarà “eterna” e
consisterà soprattutto nell’essere separati da Dio “lontani dal
volto del Signore” (v. 9); mentre la felicità dei “santi”
consisterà “nell’essere sempre col Signore”.
La
venuta del Signore dovrà essere preannunciata da due “segni”
terribili e sensazionali: un clamoroso abbandono della fede religiosa
(“l’apostasia”), e la manifestazione dell’ “uomo del
peccato”, “il figlio della perdizione” (secondo l’uso
semitico è l’anticristo). L’apostasia sarà senza dubbio
prodotta dalle seduzioni diaboliche dell’anticristo, perciò
praticamente il segno sarà unico e la successione dei segni non si
deve intendere in senso cronologico. A questo punto si introduce un
misterioso ostacolo al trionfo dell’apostasia e dell’anticristo,
quando dappertutto sarà predicato il messaggio di Cristo, allora
verrà la fine (Mt 24,14). Per conto nostro,
condividiamo la tesi di S. Cipriani, prendendo lo spunto proprio da
questa soluzione e basandoci su una frase di Luca (18,8) di
significato escatologico: “Il Figlio dell’uomo venendo, troverà
la fede sulla terra?”, riteniamo che l’ “ostacolo”all’insorgere
dell’ “Anticristo”, siano i cristiani con la loro “fede”
incrollabile: quando la loro fede si illanguidirà, l’Anticristo
sarà alle porte. Il misterioso “ostacolo” si traduce così in un
deciso impegno di fedeltà e di amore al Signore
e alla sua verità. Il credere, necessario per la
salvezza,
è esclusivo “dono” di Dio: però tocca all’uomo accettare con
umiltà il messaggio della salvezza. Ora l’Apostolo rivolge un
severo monito contro quei cristiani che, allarmati dal pensiero
dell’imminente parusia, o approfittando di essa, si davano
all’ozio, diventando così un peso insopportabile per i fratelli.
Mangiare il pane altrui, scansando la fatica, è come rubarlo. Ognuno
deve mangiare il proprio pane, quello cioè che le sue mani gli hanno
saputo procurare. E’ questa la regola d’oro del lavoro cristiano:
se è un diritto, il lavoro è anche un dovere. Paolo conclude
l’argomento con una sanzione contro l’ostinato, sempre salvando
la carità fraterna. La punizione infatti ha solo scopo medicinale:
“onde si vergogni”. Nonostante tutto essi rimangono dei
“fratelli” (v. 15) a cui “non bisogna stancarsi di fare il
bene” (v. 13), per recuperarli, attraverso una consapevole
correzione dei propri comportamenti.
Sulla parusia il Catechismo della Chiesa
Cattolica (cap. 3 art. 12) parla di “Giudizio particolare”
(con l’immediata retribuzione, che sarà data, subito dopo la
morte, a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede) e di
“Giudizio finale” (dove conosceremo il senso ultimo di
tutta l’opera della creazione e di tutta l’Economia della
salvezza, e comprenderemo le mirabili vie attraverso le quali la
Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo.
Il giudizio finale manifesterà, quindi, che la giustizia di Dio
trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il
suo amore è più forte della morte). Circa il tempo di questo
evento, dice Paolo, nessuno lo sa, è affidato alla decisione di Dio,
per questo bisogna vigilare. L’incertezza dell’ultimo “giorno”
(v. 4) dovrebbe avere l’effetto salutare di tenere sempre impegnato
il cristiano, come un soldato che vigila, come un servo in attesa del
padrone lontano.
Preghiera
Un
altro suggerimento riguarda la preghiera, che deve essere incessante:
è un consiglio che attraversa tutto il NT, in particolare
l’epistolario paolino. L’amore fraterno, la gioia, la pace, la
lode a Dio sono alcune delle componenti delle serie di esortazioni
essenziali che Paolo indirizza ai Tessalonicesi. Un rilievo
particolare è riservato al “non spegnere lo Spirito”, cioè a
non mortificare i doni o “carismi” che arricchiscono la Chiesa: è
un appello che precede cronologicamente la lunga riflessione di 1 Cor
12-14. A suggello del primo scritto, l’apostolo pone una breve ma
intensa preghiera al Dio della pace perché santifichi tutto l’essere
del credente (“spirito, anima, corpo), così da prepararlo ad
accogliere la venuta (in greco: parousìa) del Signore Gesù.
tratto da appunti di Don Antonio Schena
Nessun commento:
Posta un commento