La Bibbia narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo,
iniziata con la creazione del mondo e dell’uomo, un’amicizia a cui Dio, anche
quando l’uomo con il peccato originale l’ha tradita, non è mai venuto meno. Dio
sceglie di rivelarsi, di manifestare il suo amore attraverso la “parola”,
proprio perché questa è lo strumento principale con cui gli esseri umani, a
differenza di tutti gli altri esseri creati, comunicano se stessi. E’ mediante
la parola che noi possiamo trasmettere agli altri i nostri pensieri, esprimere
le nostre ansie, comunicare i nostri sentimenti. Dio si è voluto servire,
quindi, dello strumento più usato dall’uomo, la parola, per comunicare Se
stesso, il suo amore, la sua intimità. La parola di Dio è l’espressione di una
potenza che continuamente crea. E’ significativo che le prime due parole con
cui ha inizio la Bibbia siano proprio: “Dio disse”
(Gen. 1,1). La parola di Dio “è stabile come il cielo”; “nel
rivelarsi illumina”; essa “è dolce al mio palato”: sono solo alcune
delle espressioni con cui il Salmo 119, un inno alla Rivelazione divina,
descrive la parola di Dio. E’ una parola, quella di Dio, che raggiunge ogni
uomo e lo provoca a una risposta. Dio, infatti, cerca continuamente il dialogo,
il confronto, proprio come un amico che non si arrende mai, anche quando il
colloquio si fa impegnativo e difficile. La parola di Dio è “parola di
verità” (2 Sam. 7,28), che in Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio,
si è fatta “carne” ed è venuta ad abitare in mezzo a noi.
Cristo rende presente e operante tutta intera la storia della salvezza iniziata
dal Padre con la creazione del mondo, portata avanti con il messaggio profetico
e sapienziale. Una storia della salvezza, che con la venuta di Cristo giunge al
suo compimento. Gesù, quindi, è la Parola di Dio definitiva
e irripetibile.
“Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare Se
stesso e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini
per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al
Padre e sono resi partecipi dalla divina natura. Con questa Rivelazione,
infatti, Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e
s’intrattiene con loro, per invitarli e ammetterli alla comunione con Se. Quest’economia
della Rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi, in modo che
le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e
rafforzanola dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole
dichiarano le opere e chiariscono il mistero in loro contenute.Questa
Rivelazione, non è avvenuta una volta e per sempre, ma Dio si comunica
gradualmente all’uomo (c’è una particolare “pedagogia divina”), lo prepara per
tappe a ricevere la Rivelazione soprannaturale che Egli fa di Se stesso e che
culmina nella persona e nella missione del Verbo incarnato, Gesù Cristo.Dio ha
rivelato tutto in Gesù Cristo, quindi non c’è da aspettarsi alcuna nuova
rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore alla
fine dei tempi; tuttavia anche se la Rivelazione è compiuta, non è però
completamente esplicitata: toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente
tutta la portata nel corso dei secoli. La Rivelazione divina contiene tre
elementi intimamente connessi:
a) La Sacra Scrittura:
è la Parola di Dio messa per iscritto sotto l’ispirazione dello
Spirito Santo.
b) La Tradizione: viene
dagli Apostoli e trasmette ciò che costoro hanno ricevuto dall’insegnamento e
dall’esempio di Gesù e ciò che hanno appreso dallo Spirito Santo.
c) Il Magistero: ha il
compito di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa.
Il Magistero però non è al di sopra
della Parola di Dio, ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato
trasmesso, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone
di credere come rivelato da Dio.
Le verità divinamente rivelate, che nei libri della Sacra
Scrittura sono contenute ed espresse, furono scritte per ispirazione dello
Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e
canonici tutti interi i Libri sia dell’Antico Testamento che del Nuovo
Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello
Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tale sono stati consegnati alla
Chiesa.
Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse e si servì
di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in
essi e per loro mezzo, scrivessero, come veri autori tutte e soltanto quelle
cose che Egli voleva fossero scritte.
Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o
agiografi asseriscono, è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, è da
ritenersi anche, per conseguenza, che i Libri della Scrittura insegnano con
certezza, fedelmente e senza errore, la verità che Dio, per la nostra
salvezza volle fosse consegnato nelle Sacre Lettere. Pertanto “ogni
Scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per
correggere, per educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia perfetto,
addestrato a ogni opera buona” (2 Tim. 3, 16-17).
Poiché Dio nella Sacra Scrittura ha parlato per mezzo di
uomini e alla maniera umana, l’interprete della Sacra Scrittura, per capire
bene ciò che Egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione, che
cosa gli agiografi in realtà abbiano inteso significare e a Dio è piaciuto
manifestare con le loro parole.
Essendo la bibbia scritta in varia maniera: storica,
profetica, poetica o con altri modi di dire Per ricavare l’intenzione E’
necessario dunque che l’interprete ricerchi il senso che lo scrittore intese
esprimere ed espresse in determinate circostanze, secondo la condizione del suo
tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso. Per
comprendere, si deve fare debita attenzione sia agli abituali e originari modi
di intendere, sia a quelli che allora erano in uso nei rapporti umani. Ecco
come gli esegeti classificano i generi letterari presenti nell’Antico
Testamento:
POESIA POPOLARE: ne sono esempi: il cantico del
lavoro (Num. 21, 17-18); il cantico d’amore (Cantico dei Cantici); il cantico
del custode (Isaia 21, 11-12); la satira (Isaia 23, 15-16); il cantico della
vittoria (Esodo 15); la favola (Giudici 9); le benedizioni e le maledizioni
(Gen. 49); i proverbi (1 Sam. 10, 12); gli enigmi (Giudici 14,14).
PROSA UFFICIALE: ne fanno parte: il
fatto (Deut. 5); il simbolo di fede (Deut. 26); le leggi e le prescrizioni in
genere, l’istruzione o la Torà (Lev. 1-8); la guerra sacra (Deut. 20); la
lettera (Esdra 4-6).
NARRAZIONI: a questo genere appartengono:
il mito (Isaia 14); la fiaba (Num.22); la leggenda (Gen. 28, 10-22); annali e
cronache di corte (Re); l’aneddoto, le memorie (Neemia); notizie
autobiografiche (Ger. 20); storiografie (Samuele); narrazione
fittizia (Tobia, Ester).
LETTERATURA PROFETICA: comprende la forma
dell’oracolo (oracolo di salvezza, oracolo contro i popoli); la visione (Amos
7-8); il sogno (Ger. 23, 31-32), le unità escatologiche (Isaia 34-35);
l’apocalisse (Daniele).
GENERI SAPIENZIALI: proverbi, sentenze,
detti
popolari.
Il genere letterario non differisce solo da libro a
libro, ma all’interno degli stessi libri coesistono diversi generi: segno
evidente che questi Libri sono stati scritti in un lungo periodo e da più
autori o che sono raccolte di testi eterogenei.
Genesi 1-11 parla dell’origine del
mondo e dell’umanità, del diluvio universale: il genere letterario è quello
poetico-mitologico e poetico-liturgico; mentre Genesi 12- 50 che
parla della storia dei Patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe), si
avvale, tra l’altro della genealogia, della narrazione epica, della leggenda,
del racconto popolare e aneddotico.
I Salmi presentano una gamma vastissima di
espressioni: ci sono inni, suppliche, lamenti individuali e collettivi,
preghiere di lode e di ringraziamento, salmi regali o celebrativi, salmi
didattici a loro volta distinti in sapienziali, storici, liturgici.
la storia ha un senso, perché Dio attraverso il tempo e
gli avvenimenti umani, persegue il suo progetto di alleanza col popolo eletto:
questa è la convinzione di base degli storiografi biblici. Nella Bibbia
(A.T.), sono narrate sotto forma
letteraria dell’epopea per intenderci, questa forma è la medesima come è stato
narrato l’odissea o l’eneide cosi’ Gli storiografi della Bibbia narrarono le vicende dei Patriarchi (Gen. 19-50), di
Mosè (Esodo), della conquista della terra promessa (Giosuè, Giudici). In
particolare l’Esodo è chiaramente costruito sullo stile epico: Mosè salvato dal
Nilo e poi alle prese col faraone, le piaghe d’Egitto, le Tavole della Legge
sul Sinai, i prodigi e i simboli (fuoco, nube, manna), durante la lunga marcia
nel deserto... Un’idea fondamentale sta alla base di tutta questa narrazione
epica: Jahwé ha scelto Israele per farne il suo Popolo, ha stabilito
un’alleanza con lui, l’ha salvato “con mano forte e braccio teso” gli ha dato
una legge, gli ha promesso una terra, ed è ancora per intervento di Jahwé che
Israele la potrà finalmente conquistare.
LA PROFEZIA di origine greca indica nella letteratura
ebraica: uno che parla in nome di Dio, che serve da porta-parola di Jahwé, che
fa da intermediario tra Dio e il popolo. Isaia, Geremia, Ezechiele e i Profeti
“minori” rappresentano questo genere letterario attraverso forme espressive
diverse: brevi indirizzi al popolo di tono esortativo, per invitarlo alla
conversione, per far riflettere sul passato d’Israele e ricondurlo sulla retta
via, per purificare una religione in cui i doveri sociali abbiano la precedenza
sul culto ritual;: brevi invettive indirizzate a una città, a una nazione, a
una generazione, dal tono diretto e minaccioso, per provocare una benefica
reazione di ravvedimento più che per condannare; interpretazioni moralistiche
di eventi naturali o politici, prima preannunciati e poi “spiegati” come
elementi provvidenziali del Dio d’Israele.
LA POESIA:
sono presenti nella Bibbia tutti i generi poetici in uso tra i popoli
dell’antico vicino Oriente.
L’APOCALISSE: dal suo significato
etimologico, che è “rivelazione“, la parola “apocalisse” è diventata
oggi, abusivamente, sinonimo di disastro, di catastrofe, di fine del mondo. Le
apocalissi della letteratura ebraica (ad esempio Daniele) e l’Apocalisse del
N.T. contengono anche descrizioni di fenomeni terrificanti, ma la loro
interpretazione è tutt’altro che intimidatoria o spettacolare. E’ una
letteratura tipica del tempo di miseria e di persecuzione. Il suo messaggio è
questo: per quanto triste possa essere la condizione attuale del singolo o del
Popolo, Dio prepara un futuro in cui la giustizia trionferà.
In una parola, le apocalissi, sembrano “rivelare” una
sola parola: la disgrazia, il dolore, la disperazione non avranno il
sopravvento che per un tempo limitato perché all’interno stesso delle presenti
rovine, Dio sta preparando certamente “ cieli nuovi e terra nuova”.
Secondo un’antica Tradizione (ripresa dal Catechismo della
Chiesa Cattolica), si possono distinguere due sensi della Sacra Scrittura: il
senso letterale e quello spirituale; quest’ultimo è suddiviso in : senso
morale, anagogico e allegorico.
Il senso letterale: è “ciò che gli autori
sacri hanno realmente inteso significare” (Dei Verbum n. 12), E’ quello
significato dalle parole della Scrittura e trovato attraverso l’esegesi che
segue le regole della retta interpretazione (cioè i generi letterari).
Il senso letterale si divide a sua volta in:
Senso letterale proprio: si verifica quando
le parole vengono utilizzate dall’agiografo nel loro significato proprio; per
esempio: “Gesù si diresse verso il Mare di Galilea” (Mt. 15, 29).
Senso letterale traslato: si ha quando le
parole vengono intese dallo scrittore in senso figurato, per esempio: “Poiché
mi rallegri, Signore, con le tue meraviglie, esulto per l’opera delle tue mani”
(Salmo 92, 5); dove è evidente che la parola “mani” non indica la parte
terminale del braccio, ma la potenza misericordiosa di Dio.
A volte il senso traslato riguarda una sola parola, in
questo caso abbiamo la “metafora”, altre volte un intero discorso, come
nel caso della “ parabola”.
Il senso spirituale: rivela il
significato soggettivo per la fede del credente; è ciò che Dio ha voluto dire
attraverso l’agiografo. Il senso spirituale è contenuto nel senso letterale, ma
lo supera, poiché si ricollega con il disegno salvifico di Dio, autore primario
della Bibbia, e può essere studiato solo alla luce di una rivelazione
ulteriore.
L’esistenza del senso spirituale ci induce, perciò, a
riconoscere nelle Bibbia una profonda unità, determinata dal fatto che tutta la
Rivelazione ha come centro la figura di Cristo, attraverso il quale si orienta
tutto l’insegnamento biblico.
Il senso morale: gli avvenimenti narrati nella
Scrittura possono condurci ad agire rettamente “Sono stati scritti per
ammonimento nostro” (1 Cor. 10,11).
Il senso anagogico: permette di leggere gli
eventi narrati, come segni anticipatori di avvenimenti futuri, che ci conducono
(in greco “anagoghè”) verso la nostra Patria. Così la Chiesa sulla terra è
segno della Gerusalemme celeste.
Il senso allegorico: possiamo giungere ad una
comprensione più profonda degli avvenimenti se riconosciamo il loro significato
in Cristo; così la traversata del Mar Rosso è un segno della vittoria di
Cristo,come avviene anche nel Battesimo.
In conclusione occorre ricordare che l’interpretazione della
Bibbia è un compito inesauribile, perché essendo Parola di Dio che interpella
l’uomo, manifesta il Suo mistero che è appunto inesauribile, e chiede all’uomo
la comprensione del suo valore e la sua attualizzazione nella vita personale e
comunitaria. Ciò significa che alle passate interpretazioni si aggiungerà
sempre lo sforzo di calare il messaggio biblici nelle situazioni nuove della
vita umana.
La Bibbia non è stata scritta in una sola lingua, ma in
tre lingue differenti, che servirono agli autori ispirati per scrivere i testi
originali della Sacra Scrittura: l’ebraico, l’aramaico e il greco;
e alla fine del IV sec. d.C. in latino, da S. Girolamo.
L’ebraico: Era parlato dagli Israeliti fino a
qualche secolo dopo l’esilio babilonese.
L’aramaico: divenne comunemente la lingua
parlata dai giudei di Palestina al tempo di Gesù.
Il greco: fu diffuso in Oriente e divenne la
lingua delle persone colte.
Il latino: nel tempo cristiano, compreso il Nuovo Testamento.
Tra le numerose traduzioni in italiano, oggi esistenti,
c’è la Bibbia di Gerusalemme e quella della CEI (Conferenza Episcopale
Italiana).
I libri antichi avevano forma di rotoli. Si scriveva a
colonne su larghe pagine, fatte di cuoio sottile; queste pagine si
cucivano l’una di seguito all’altra e si arrotolavano attorno a un bastone.
Così sono i “rotoli” del I sec. a. C. e d. C. scoperti negli anni 1947-1950 a
Qùmran (le grotte presso il Mar Morto); così sono i “rotoli” del Pentateuco
usati nelle Sinagoghe.
Oltre al cuoio si usava il “papiro”, che gli
Egiziani preparavano dal fusto della pianta paludosa detta appunto “papiro”. I
Libri del Nuovo testamento furono scritti in origine probabilmente su papiro.
Papiri del N.T. che risalgono fino ai secoli II e III d.
C. furono trovati in Egitto, dove il clima secco li ha preservati dalla
distruzione. Ma le Chiese cristiane preferiscono una nuova forma di libro e
cioè il “codice”, formato, come i libri moderni, da tanti fogli legati
da una sola parte.Il materiale scrittorio, già perfezionato nel sec. II a. C.
fu la “pergamena” (da Pergamo, città dell’Asia Minore), cioè la pelle di
animali ridotta a fogli sottili e solidissimi.I codici più antichi a noi
arrivati contengono tutta la Bibbia in greco, e sono: il “Codice Vaticano”
(IV sec. d. C.); il “Codice Sinaitico” (IV sec. d. C.); il “Codice
Alessandrino” (V sec. d. C.).
Attendibilita’ del testo bibblico
Chi prende in mano
oggi il testo dell’Antico Testamento ha il diritto di chiedersi: su quali fonti
si basa questo testo? Sono ancora disponibili i manoscritti originali
degli autori: di Mosè, di Davide, di Isaia?
Oggi possiamo dire si, non perche’ abbiamo il testo di
quel tempo ma perche’ i manoscritti che
erano, ormai consumati dall’uso, veniva sostituito da una copia
accuratamente eseguita e più volte controllata col testo precedente;
l’originale, ormai inutile, veniva bruciato o murato. Di secolo in secolo si
eseguirono perciò sempre nuove copie, ma esse venivano preparate con la
precisione, addirittura proverbiale, del popolo ebraico, una precisione che
scaturiva non da esigenze di scrupolosità scientifica, ma dalla venerazione per
la Parola di Dio.Una così meticolosa accuratezza è per noi un’ottima garanzia
che il testo originale non è stato alterato.
IL CANONE BIBLICO
Il termine “Canone” (dal greco: “canòn” = “insieme”)
è l’elenco completo di tutti i testi che compongono la Bibbia.Un libro è “canonico”
se viene riconosciuto come ispirato da Dio. E’ Dio stesso che indica se uno
scritto è veramente ispirato , attraverso la Tradizione divino-apostolica ,cioè
attraverso il Magistero della Chiesa, che è assistita dallo Spirito Santo.Si è
soliti distinguere, all’interno del Canone, i Libri “protocanonici” e i
Libri “deuterocanonici”. I Libri “Protocanonici” sono i libri che
sempre e presso ogni comunità cristiana furono ritenuti ispirati.I Libri “Deuterocanonici”
sono gli scritti biblici che in alcuni tempi e in alcune comunità non sono
stati ritenuti ispirati.I Libri “Deuterocanonici” sono Sette dell’Antico
Testamento e Sette del Nuovo Testamento. Nell’A.T. sono: Tobia, Giuditta, I e
II Maccabei, Baruc, Siracide, Sapienza; alcune parti dei Libri di Ester e
Daniele.Gli Ebrei e i Protestanti non ammettono l’ispirazione dei Libri
“deuterocanonici” dell’Antico Testamento e li chiamano “apocrifi”.I Libri
“deuterocanonici” del N.T. sono: Lettera agli Ebrei, Lettera di Giacomo, II
Lettera di Pietro, II e III Lettera di S. Giovanni, Lettera di Giuda,
Apocalisse.
IL PENTATEUCO
Dal greco “cinque rotoli” o “libri”, è il
nome dato fin dai primi secoli dell’era cristiana ai primi cinque libri
dell’Antico Testamento; GENESI, ESODO, LEVITICO, NUMERI, DEUTERONOMIO.
Gli Ebrei lo indicavano con il nome di “ TORA’
” o “ LEGGE ”, vocabolo citato nel Nuovo Testamento e vengono
considerati un solo corpo perché contengono le leggi di Israele.e la parte
centrale delle leggi è la Rivelazione
divina fatta a Mosè e, di conseguenza, inserita nel racconto.
La teologia della Legge per Israele fu determinata dalla
sua teologia della Storia. Le leggi furono sempre concepite e presentate come
parte della storia del popolo Ebraico. Gli obblighi legali che lo vincolavano
rappresentavano la sua risposta all’intervento storico di Dio in suo favore. Come
Prologo all’intera opera, è presentata per prima la storia dell’umanità: dalla
creazione al dramma introduttivo della storia della salvezza (Genesi 1-11).
La preparazione divina per la scelta di un Popolo è
evidente nella Storia dei singoli Patriarchi: Abramo, Isacco, Giacobbe. L’iniziativa divina di liberare gli Ebrei
oppressi dall’Egitto raggiunge il suo apice nella solenne proclamazione
dell’Alleanza sul Sinai, con gli obblighi che ne derivavano per il nuovo Popolo
di Dio.
LA COMPOSIZIONE DEL PENTATEUCO.
Il Pentateuco era attribuito dalla tradizione ebraica a
Mosè; questa è stata l’opinione prevalente fino al secolo scorso; ma grazie a
studi biblici assai più accurati si è avanzata un’altra spiegazione che risulta
più attinente al testo biblico.
L’esegesi moderna ha messo in risalto alcune
contraddizioni, presenti nel Pentateuco, che ne rendevano impossibile
l’attribuzione a un solo autore.
Queste contraddizioni si possono così riassumere:
·
- doppioni
(due racconti della Creazione: Gen. 1, 1-2,4a e Gen. 2,4b-24);
·
due racconti
della vocazione di Mosè (Esodo 3,
1-4,17 e Esodo 6, 2-7,7);
·
due testi del
Decalogo (Es. 20, 1-17 e Deut. 5,
6-21),
·
quattro
calendari liturgici (Es. 23,
14-19; Es. 34, 18-23; Lev. 23; Deut. 16, 1-16).
·
- forme parallele nei brani legali e narrativi;
·
- criteri di stile; vocabolario; pensiero teologico.
Tutto ciò fa concludere che nella formazione del
Pentateuco ci sono stare varie Tradizione distinte (gli esegeti parlano di
quattro tradizioni)che si svilupparono all’interno di Israele; esse sono così
denominate: JAHWISTA, ELOISTA, DEUTERONOMISTA, SACERDOTALE,
(quest’ultima è indicata con la lettera P, dal tedesco “Priester” =
“Sacerdote”).
Queste Tradizioni sono racconti indipendenti (Gen.
26, 6-11); narrazioni cultuali (Gen. 28, 10-22); canti primitivi
(Gen. 4, 23-24); oracoli (Numeri 23-24); spiegazioni etimologiche
(Gen: 25, 22-26); leggende (Gen. 6, 1-4).
Tutto questo materiale storico, forse in forma
poetica, venne trasmesso oralmente fin dall’epoca dei Giudici (tra il 1225 e il
1040 circa a.C. questi giudici non amministrano soltanto la giustizia, ma
esercitano anche un potere di governo, seppure temporaneo, il Libro dei Giudici
descrive il difficile periodo che segue all’insediamento nella terra di Canaan
del Popolo ebraico, dalla morte di Giosuè all’instaurazione della monarchia), e
ricevette una forma definitiva in vari periodi dal X al VI sec. a.C.
LE QUATTRO TRADIZIONI
1)
LA TRADIZIONE JAHWISTA. (X sec. a.C.); così chiamata perché
utilizza il nome divino Jahwè = Dio, viene comunemente datata attorno al X sec.
a.C. ed elaborata durante il periodo di Davide e Salomone (1040- 930 a.C.),
essa rivela un ottimismo che malgrado la continua prevalenza del peccato, è
capace di prevedere la vittoria nel momento della caduta (Gen. 3,15; 4,7).
Questa Tradizione fa un
uso audace di antropomorfismi (Dio che passeggia nel giardino, che interroga
Caino, ecc...).
2)
TRADIZIONE ELOISTA. (VII sec. a.C.). Ha per caratteristica
l’uso del nome comune Eloìm = Dio. Si distingue dalla tradizione Jahwista, per
la preoccupazione di rispettare le distanze che separano l’uomo da Dio, cioè
recuperare la sua trascendenza. Dio parla all’uomo generalmente nei sogni o
dalle nubi o in mezzo al fuoco o per mezzo di angeli.
3)
TRADIZIONE DEUTERONOMISTA. (VI sec. a.C.). Forma la parte
centrale del Libro del Deuteronomio, da cui prende il nome: contiene
prescrizioni, leggi, feste. Lo stile decisamente parenetico, cioè esortativo
(dal greco. “paraìnesis”, eos = esortazione), indica per la sua composizione un
periodo di crisi religiosa. La salvezza sarebbe stata possibile, secondo la
tradizioneDeuteronomista, solamente mediante una leale corrispondenza alle
leggi dell’Alleanza. Il Libro fu probabilmente steso, nella forma
definitiva, nella prima metà del VII sec. a.C.
4)
TRADIZIONE SACERDOTALE. (VI sec. a. C.). Ha il suo interesse per la
liturgia, le genealogie, le descrizioni degli elementi rituali. La maggior
parte della seconda metà dell’Esodo, l’intero Levitico e la maggior parte dei
Numeri, appartengono alla tradizione Sacerdotale. La fede d’Israele era sotto
prova durante l’esilio (a opera delle truppe babilonesi di Nabucodonosor II nel
586 a.C. che violarono il Tempio di Gerusalemme e deportarono gli Ebrei a
Babilonia). La crisi fornì lo sfondo per la storia di questa Tradizione.
Come Jahwè è Santo, così Israele deve
mantenersi Santo, cioè incontaminato da qualunque morale o culto di origine
umana. Questa concezione spiega la sollecitudine per le molte prescrizioni di
purità rituali e legali.
La tradizione Sacerdotale, è così chiamata dagli
studiosi, perché si riteneva che fosse legata ai Sacerdoti ebrei esuli nel VI
sec. a. C. da Babilonia, in seguito alla già citata deportazione del 586 a.C.
Si ritiene, pertanto, che questa tradizione, sia una rielaborazione e un
ripensamento delle tradizioni d’Israele ad opera di questi Sacerdoti durante
l’esilio Babilonese (VI sec. a.C.). E il contributo finale alla formazione del
Pentateuco fu proprio di questa Tradizione.
L’analisi letteraria delle quattro Tradizioni, ci consente di penetrare profondamente nel graduale sviluppo della Rivelazione. A causa della sua intima connessione con la storia, la teologia di Israele rimase costantemente viva ed adattabile alle nuove situazioni che segnavano la continua guida, da parte di Dio, del suo Popolo, verso il traguardo escatologico.Le teologie delle quattro Tradizioni, alle quali contribuì una lunga serie di autori sacri d’Israele, testimoniano questo dialogo vivo tra Dio e l’uomo nell’Antico Testamento.Malgrado le diverse teologie del Pentateuco, ciascuna, con la sua accentuazione caratteristica, dà al Testo un’evidente unità d’insieme, attorno ai quattro pilastri della fede d’Israele: promessa – elezione – alleanza – legge. Ciò è sufficiente per ritenere il Pentateuco, materiale ispirato.
insegnamenti a cura di Don Antonio Schena
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