domenica 1 aprile 2012

cosa rappresentano le Palme e l' olivo

LA PALMA

Con la Domenica delle Palme o più propriamente Domenica della Passione del Signore, inizia la solenne annuale celebrazione della Settimana Santa, nella quale vengono ricordati e celebrati gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, con i tormenti interiori, le sofferenze fisiche, i processi ingiusti, la salita al Calvario, la crocifissione, morte e sepoltura e infine la sua Risurrezione.
La Domenica delle Palme giunge quasi a conclusione del lungo periodo quaresimale, iniziato con il Mercoledì delle Ceneri e che per cinque liturgie domenicali, ha preparato la comunità dei cristiani, nella riflessione e penitenza, agli eventi drammatici della Settimana Santa, con la speranza e certezza della successiva Risurrezione di Cristo, vincitore della morte e del peccato, Salvatore del mondo e di ogni singola anima.
I Vangeli narrano che giunto Gesù con i discepoli a Betfage, vicino Gerusalemme (era la sera del sabato), mandò due di loro nel villaggio a prelevare un’asina legata con un puledro e condurli da lui; se qualcuno avesse obiettato, avrebbero dovuto dire che il Signore ne aveva bisogno, ma sarebbero stati rimandati subito.
Dice il Vangelo di Matteo (21, 1-11) che questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta Zaccaria (9, 9) “Dite alla figlia di Sion; Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma”.
I discepoli fecero quanto richiesto e condotti i due animali, la mattina dopo li coprirono con dei mantelli e Gesù vi si pose a sedere avviandosi a Gerusalemme.
Qui la folla numerosissima, radunata dalle voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente rendevano onore a Gesù esclamando “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!”.
A questa festa che metteva in grande agitazione la città, partecipavano come in tutte le manifestazioni di gioia di questo mondo, i tanti fanciulli che correvano avanti al piccolo corteo agitando i rami, rispondendo a quanti domandavano “Chi è costui?”, “Questi è il profeta Gesù da Nazareth di Galilea”.
La maggiore considerazione che si ricava dal testo evangelico, è che Gesù fa il suo ingresso a Gerusalemme, sede del potere civile e religioso in Palestina, acclamato come solo ai re si faceva, a cavalcioni di un’asina.
Bisogna dire che nel Medio Oriente antico e di conseguenza nella Bibbia, la cavalcatura dei re, prettamente guerrieri, era il cavallo, animale nobile e considerato un’arma potente per la guerra, tanto è vero che non c’erano corse di cavalli e non venivano utilizzati nemmeno per i lavori dei campi.
Logicamente anche il Messia, come se lo aspettavano gli ebrei, cioè un liberatore, avrebbe dovuto cavalcare un cavallo, ma Gesù come profetizzato da Zaccaria, sceglie un’asina, animale umile e servizievole, sempre a fianco della gente pacifica e lavoratrice, del resto l’asino è presente nella vita di Gesù sin dalla nascita, nella stalla di Betlemme e nella fuga in Egitto della famigliola in pericolo.
Quindi Gesù risponde a quanti volevano considerarlo un re sul modello di Davide, che egli è un re privo di ogni forma esteriore di potere, armato solo dei segni della pace e del perdono, a partire dalla cavalcatura che non è un cavallo simbolo della forza e del potere sin dai tempi dei faraoni.
La liturgia della Domenica delle Palme, si svolge iniziando da un luogo adatto al di fuori della chiesa; i fedeli vi si radunano e il sacerdote leggendo orazioni ed antifone, procede alla benedizione dei rami di ulivo o di palma, che dopo la lettura di un brano evangelico, vengono distribuiti ai fedeli (possono essere già dati in precedenza, prima della benedizione), quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa.
Qui giunti continua la celebrazione della Messa, che si distingue per la lunga lettura della Passione di Gesù, tratta dai Vangeli di Marco, Luca, Matteo, secondo il ciclico calendario liturgico; il testo della Passione non è lo stesso che si legge nella celebrazione del Venerdì Santo, che è il testo del Vangelo di s. Giovanni.
Il racconto della Passione viene letto alternativamente da tre lettori rappresentanti: il cronista, i personaggi delle vicenda e Cristo stesso. Esso è articolato in quattro parti: l’arresto di Gesù; il processo giudaico; il processo romano; la condanna, l’esecuzione, morte e sepoltura.
Al termine della Messa, i fedeli portano a casa i rametti di ulivo benedetti, conservati quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. Si usa in molte regioni, che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.
In molte zone d’Italia, con le parti tenere delle grandi foglie di palma, vengono intrecciate piccole e grandi confezioni addobbate, che vengono regalate o scambiate fra i fedeli in segno di pace.
La benedizione delle palme è documentata sin dal VII secolo ed ebbe uno sviluppo di cerimonie e di canti adeguato all’importanza sempre maggiore data alla processione. Questa è testimoniata a Gerusalemme dalla fine del IV secolo e quasi subito fu accolta dalla liturgia della Siria e dell’Egitto.
In Occidente giacché questa domenica era riservata a cerimonie prebattesimali (il battesimo era amministrato a Pasqua) e all’inizio solenne della Settimana Santa, benedizione e processione delle palme trovarono difficoltà a introdursi; entrarono in uso prima in Gallia (sec. VII-VIII) dove Teodulfo d’Orléans compose l’inno “Gloria, laus et honor”; poi in Roma dalla fine dell’XI secolo.
L’uso di portare nelle proprie case l’ulivo o la palma benedetta non ha soltanto origine  devozionale, come augurio di pace in quanto il termine Palma deriva dal greco:  phoinix,
per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte, le palme rappresentano pertanto il martirio oltre a rappresentare un significato augurale simboleggiando sentimenti di affetto, stima, amicizia , Infine, le palme sono anche segno di purezza e castità.
Antonio Borrelli

L’Olivo

L’olivo è simbolo di rigenerazione, pace, castità.
Narra la Genesi che Noè, passati i 40 giorni del diluvio universale, per accertarsi che le acque si fossero ritirate liberò prima un corvo e poi una colomba, ma entrambi, dopo poco tempo, ritornarono all’Arca: segno che non avevano trovato nemmeno un lembo di terra dove posarsi. Dopo una settimana liberò di nuovo la colomba e questa volta essa ritornò con un ramoscello d’olivo nel becco.
Da quel momento l’olivo assunse un duplice significato: diventò il simbolo dellarigenerazione, perché, dopo la distruzione operata dal diluvio, la terra tornava a fiorire; diventò anche simbolo di pace perché attestava la fine del castigo e la riconciliazione di Dio con gli uomini.


Ambedue i simboli sono celebrati nella festa cristiana delle Palme dove l’olivo sta a rappresentare il Cristo stesso che, attraverso il suo sacrificio, diventa strumento di riconciliazione e di pace per tutta l’umanità. In questa ottica l’olivo diventa una pianta sacra e sacro è anche l’olio che viene dal suo frutto, le olive.

Usato una volta per alimentare le lucerne, assunse poi un significato del tutto particolare. Come nella lucerna, bruciando, diventava strumento di luce, così, nei riti dell’unzione, esso poteva accendere la luce divina in colui che veniva unto. Per questo re e sacerdoti venivano consacrati con la cerimonia dell’unzione e numerosi sono gli esempi narrati nella Bibbia.

Significativo è l’episodio della consacrazione di Davide in cui l’angelo spiega a Samuele cosa deve fare per consacrare il futuro re e sacerdote di Israele: “Allora io ti indicherò quello che dovrai fare e tu ungerai chi ti dirò”. Allorché compare Davide il Signore stesso ordina a Samuele “Alzati e ungilo: è lui”. Allora “Samuele prese il corno dell’olio e lo consacrò [Davide] con l’unzione in mezzo ai suoi fratelli; e lo spirito del Signore si posò su Davide da quel giorno in poi” (1 Sam.16,3; 16,12-13).
L’unzione quindi introduce alla sfera divina e simboleggia la presenza del Signore e con questo significato viene ancora usata in numerose cerimonie della liturgia cristiana come il battesimo, la cresima, l’ordine sacerdotale, l’estrema unzione.
Ma l’olivo e l’olio non sono sacri solo per i cristiani. Anche per i mussulmani questa pianta ha un valore particolare. Ne parla Maometto nel Corano: “Dio è la luce dei cieli e della terra. La sua luce è come quella di una lampada, collocata in una nicchia entro un vaso di cristallo simile a una scintillante stella e accesa grazie a un albero benedetto, un olivo che non sta a oriente né a occidente, il cui olio illuminerebbe anche se non toccasse fuoco” (Surat sulla Luce XXIV).
E tornando indietro nelle tradizioni, troviamo che anche i greci antichi consideravano l’olivo una pianta sacra e la usavano per fare delle corone con cui cingevano gli atleti vincitori delle olimpiadi. A quel tempo la pianta non era ancora l’olivo coltivato ma il suo progenitore selvatico l’oleastro. Secondo il mito ci pensò Atena a trasformare la pianta selvatica in pianta coltivata e da quel momento essa divenne sacra alla Vergine Atena e di conseguenza divenne anche simbolo di castità.
Silvano Parisen  

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